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Ci rivediamo lassù
 
Ci rivediamo lassù 2020-10-28 18:37:53 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    28 Ottobre, 2020
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Albert & Edouard

«Era ancora più terribile perché tutte quelle immagini urlavano la stessa cosa: questi uomini stanno per morire.»

Dolore, morte, feriti. La Prima guerra mondiale è in corso quando Edouard viene colpito dalla scheggia di una granata. Ogni flusso vitale sembra averlo abbandonato, di lui non sembra restare altro che un corpo esanime. Tuttavia, proprio quando ormai era dato per spacciato, quell’alito di vita ha destato i sensi di colui che è così riuscito a salvarlo, nonostante tutto. Presente e corresponsabile è il tenente Pradelle che assiste alla scena ma nulla può fare perché sobbarcato dalle responsabilità del conflitto e dall’innumerevole numero di morti che si è perpetrato innanzi ai suoi occhi.
Albert si prende cura di Edouard, sta al suo fianco anche in quei momenti in cui la ragione sembra non essere più la padrona della mente, lo assiste in quei giorni di non lucidità e di inizio di ritorno tra i vivi. Il ferito ha inoltre riportato una orribile mutilazione al volto che lo porta, dopo la convalescenza con al fianco l’amico, a non voler rivedere la sua famiglia e in particolare il padre con cui ha da sempre un rapporto conflittuale. Quale miglior soluzione se non quella di far credere che sia deceduto sostituendo il suo libretto con quello di un altro soldato realmente perito?
Nondimeno, le circostanze sfuggono dalle mani delle previsioni, Pradelle, l’ex tenente, sposa la sorella di Edouard e non manca di sfruttarne il denaro e di dimostrare la sua avidità e la sua volontà di arricchirsi. Albert, dal suo canto, tornato alla normalità, lavora per sfamare anche il compagno di guerra che nel mentre ha sviluppato una dipendenza incontrollabile dalla morfina a cui è ricorso nel periodo di degenza per sopportare il dolore. Per quanto Albert sia un giovane dai valori forti e l’indole pura, vacilla innanzi all’idea di Edouard di sfruttare il suo talento per il disegno e per mettere in atto una truffa ai danni dello Stato.
Eppure, la vita presenta sempre il suo conto. Che arrivi prima o che arrivi dopo ma non tarda mai. E così, mentre per Pradelle la scalata sociale inizia a rivelarsi una discesa verso il baratro, per i due sopravvissuti vivere è come essere in realtà morti perché questi non sono altro che sopravvissuti a cui non è rimasto niente. Non sono morti nel conflitto ma l’immagine che vedono allo specchio di loro stessi non è quella che conoscevano e che hanno sempre conosciuto: non sono più quelli che erano e il cambiamento non è soltanto una questione di aver cambiato nome o di esser mutilato. Perché se Eduard è disposto a rinunciare ai suoi agi per non essere compatito, Albert ha perso il suo grande amore e non vuole prendere una strada che non comprenda anche colui che ha assistito durante gli scontri armati. Quello che è stato non può essere cancellato, ha lasciato ceneri, ha disintegrato certezze, ha privato di voglia di essere e di possibilità di essere gli uomini e le donne del tempo e quel che puoi fare non è altro che cercare di andare avanti insieme. Albert e Edouard sono due uomini soli, due uomini recisi nell’animo ma che insieme hanno ricostruito un luogo in cui c’è qualcuno ad attendere il tuo ritorno, in cui c’è qualcuno che si preoccupa per te.
E quei legami recisi, quei valori spezzati, quelle perdite subite, possono essere compensati con beni materiali? Possono essere sopperiti dalla parvenza di un benessere economico? Cosa resta davvero di noi tra quel che è stato e quel che abbiamo scelto di essere? Cosa ne è della nostra umanità? Siamo disposti a rinunciare a questa anche se ciò può significare una parvenza di vita migliore?

«Da diversi mesi, dalla prima ferita nella Somme, dalle interminabili notti in cui, barelliere, i nervi a fior di pelle per il timore di una pallottola vagante, andava a prendere i feriti sul campo di battaglia e più ancora da quando era tornato alla vita, sapeva che una paura indefinibile, vibrante, quasi palpabile si era pian piano instaurata in lui. A questo si aggiungevano gli effetti devastanti del suo seppellimento. Qualcosa di lui era ancora sottoterra, il corpo era risalito in superficie, ma una parte del cervello, prigioniera e terrorizzata, era rimasta murata là sotto. Quell’esperienza si era scolpita nella carne, nei gesti, negli sguardi. Lasciva la camera con un senso di angoscia, spiava ogni passo, infilava prudentemente la testa in una porta prima di spalancarla, camminava rasente ai muri, immaginava spesso una presenza.»

Pierre Lemaitre dona al suo lettore un romanzo forte, empatico, evocativo. Pagina dopo pagina chi legge non fatica a entrare in empatia con i personaggi e le vicende che si susseguono. Se l’inizio dell’opera tende a essere forse un poco lenta perché questa si apre nel bel mezzo del conflitto e ci propone sin da subito uno scenario di guerra in cui la morte si sussegue senza nessuno risparmiare ma con scene forse un poco confusionarie, sin dal secondo capitolo il ritmo accelera così come il coinvolgimento diventa totale. Al contempo, l’autore, con uno stile fluido e rapido, intrude all’interno dell’elaborato tematiche di denuncia sociale, di reduci di guerra, della miseria, dell’inadeguatezza di alcune scelte politiche di forme di governo inadeguate, di valori umani che vengono disarmati da altrettanta pochezza valoriale di chi guarda al proprio fine anziché all’interesse di una collettività. Questo a caro prezzo del più debole, del chi ha combattuto, del chi ha difeso la propria nazione, del chi in quello scontro ha perso qualcosa e in primis se stesso, di chi dopo quella battaglia si è risvegliato non morto, di chi, dopo quella battaglia, si è ritrovato sopravvissuto.
Un romanzo intenso, forte, dal gusto agro-amaro, di introspezione e grande umanità. Da leggere e rileggere.

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Commenti

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Interessante recensione, Maria.
Tra le mie lacune come lettore, c'è anche quella di non conoscere, se non di nome, questo autore.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
29 Ottobre, 2020
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Io mi ci sono avvicinata per caso qualche mese fa e purtroppo, anche se si tratta di una mia lettura di giugno, riesco a recensirlo soltanto adesso. Quanto prima spero di poter leggere anche i successivi della trilogia. Grazie Emilio.
Bel libro, Maria. Anche a me è piaciuto molto.
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