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Paura di esistere
Sulla scia filosofica dell'esistenzialismo e nichilismo prende forma un romanzo controverso che ha fatto del mistero la sua cifra distintiva.
Mistero. Un sostantivo quest'ultimo che Sartre non utilizza mai, eppure rappresenta la cerniera tra le varie ideologie e correnti di pensiero che l'autore francese ha scomodato in questo libro da cui è nato il "caso Sartre" alimentato anche, se non sopratutto, dalle tematiche de 'Il Muro’, altra opera dello scrittore.
L'universo de "La Nausea" sono l'angoscia e gli interrogativi sull'esistenza che Roquentin, l'infelice protagonista, si pone in modo ossessivo senza però cercarne la risposta. La scoperta, l'accettazione e l'immediata rassegnazione che seguono lasciano il lettore perplesso perchè tutto appare assurdo. Ma è esattamente ciò che Sartre professa: si prenda coscienza di se stessi. Una volta che questo è stato realizzato, va accettato. Fine.
Nient'altro. Non serve lambiccarsi il cervello per ricercarne la risposta, non serve viaggiare in lungo e in largo per imbattersi in un indizio rivelatore, non serve interrogarsi ulteriormente.
Che rimanga tutto nel mistero!
Ed è in questo circolo vizioso, monotono e perseverante di continua scoperta di sè stessi e dell'esistenza, ma -al contempo- di continuo rifiuto nel trovare un senso a tutto questo, che nasce la Nausea.
"E' dunque questa la Nausea: quest'accecante evidenza? Quanto ne ho scritto! Ed ora lo so: io esisto -il mondo esiste- ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto. Ma mi è indifferente. [...] Stavo per lanciare quel sassolino, l'ho guardato, ed è allora che è incominciato; ho sentito che esisteva. E dopo ci sono state altre nausee; di quando in quando gli oggetti si mettono ad esistervi dentro la mano"
Nietzsche approverebbe: il personaggio creato da Sarte segue anche i suoi dettami. Un uomo che sceglie di non maturare, sceglie di non credere, ma semplicemente s'accorge di esistere. E in questa consapevolezza si dischiude la sua più grande paura che però è anche il suo più grande desiderio: essere libero. Non sa come comportarsi in un mondo che gli appare misterioso come la vita stessa la cui ragione è ridotta a una sola donna, il cui rapporto è anch'esso ambiguo e poco chiaro.
Amore? Amicizia? Semplice empatia? Non ci è dato saperlo.
E d'altro canto sarebbe stato strano il contrario.
Con uno spregiudicato uso della punteggiatura, i punti e virgola che si susseguono come briciole di pane o i due punti che ritrovi a distanza di poche parole, Jean Paul-Sartre ci conduce in un tortuoso e faticoso viaggio attraverso la psiche umana che non è altro che la sua visione della realtà. Filosoficamente parlando.
L'ontologia dell'uomo fintanto dell'esistenza stessa sono materie troppo complesse per potersi esaurire in un libro anche se l'autore si chiama Jean-Paul Sartre, un pensatore che ha arricchito la storia francese e culturale dell'occidente con un pensiero acuto anche se spesso pessimista e indifferente nei confronti della vita -come i suoi personaggi- al punto da rifiutare il Premio Nobel assegnatogli.
L'esaltazione del pessimismo rende questo libro tutto fuorchè esaltante. L'obbiettivo non è rendere il racconto fruibile o piacevole. No, l'obiettivo è suscitare in noi quelle risposte e quell'indagine che Roquentin solletica, salvo poi dichiararsi "indifferenti" in nome di quel nichilismo e anarchismo che tanto affascinava Jean-Paul Sartre.
Per noi dunque -in un modo o nell'altro- è impossibile rimanere indifferenti.
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