Dettagli Recensione
Lucy & Joseph
«A volte certe domande fanno passare il tempo.»
Capita di trovare delle storie dalle quali si ha il desiderio di non separarsi e che per questo centelliniamo e che per questo cerchiamo di trattenere il più possibile a noi sino a che non giunge quell’inevitabile distacco a cui segue la consapevolezza che quel titolo si è in verità cristallizzato nel nostro intimo. Ecco, “Proprio come te” di Nick Hornby è una di queste storie.
Lucy e Joseph sono di quanto più diverso ci possa essere. Lei, bianca, quarantaduenne, insegnante di lettere, con due figli e un divorzio alle spalle da un marito alcolizzato e cocainomane, lui, ventiduenne di colore, un po’ deejay, un po’ macellaio, un po’ allenatore di calcio. Lui, a favore forse dell’uscita dall’Ue, anche se molto confuso dalla propaganda, lei, certa di dover restare. Due figure tra loro lontanissime ma che eppure trovano un punto in comune dal quale inizia una storia fatta di amore e crescita, di condivisione e di riflessione sullo ieri e sul domani. Ben presto, infatti, la relazione li porterà a dover prendere consapevolezza di quelli che sono i rispettivi punti in comune e quelli di distanza ma li porterà anche a interrogarsi sugli stereotipi, sui luoghi comuni, sul senso o meno di appartenenza a una comunità e al gruppo, al pregiudizio e al preconcetto, al vivere in un’era dove i valori sono stati capovolti. Il tutto al tempo della Brexit.
«Ora conosceva la risposta: andare a letto con Lucy, mangiare con Lucy, guardare la tv con Lucy. E forse in questo non c’era un futuro, ma c’era il presente, e proprio in questo consiste la vita.»
Hornby, per voce di questi due personaggi che entrano immediatamente in simbiosi con il lettore, crea una dimensione magnetica che ricrea le perfette ambientazioni dei suoi titoli tanto che a questi si confà, ma al tempo stesso se ne distacca. Il conoscitore, infatti, per quanto si senta a casa e si senta coccolato dallo scrivere e da quei denominatori comuni che sono costanti nelle sue fatiche, ne evince una non indifferente maturazione soprattutto per quanto concerne l’aspetto sociale e delle dinamiche relative. Egli riesce a far soffermare l’attenzione del lettore su peculiarità mai scontate, lo trasporta negli anni della Londra del referendum, offre una perfetta fotografia di quella che era la vita del luogo icona del riscatto e della possibilità rispetto alla nostra cara Italia, offre una perfetta prospettiva del punto di vista di chi l’abitava e di quel che doveva affrontare e di quel che al contrario pensava di non dover più affrontare dal momento dell’uscita dall’Unione Europea. Ancora, evidenzia il razzismo nel razzismo, la discriminazione nella discriminazione, non solo dal bianco verso l’uomo di colore quanto anche dallo straniero di prima generazione integrato e parte della società verso lo straniero di seconda generazione percepito quale di troppo e quale non “necessario” nel vivere quotidiano. Questa riflessione mi ha riportato alla mente un saggio di Donatella Di Cesare intitolato “Stranieri residenti” che ho letto qualche anno fa e che, con caratteri filosofici e non, si interrogava su questi aspetti.
«Nessuno aveva pronunciato le parole “Ti amo”, notò Lucy, eppure ognuno dei due aveva trovato un modo di dire all’altro che era amato. Sembrava il momento giusto per finire.»
Hornby riesce nella sua impresa e offre al suo pubblico un titolo concreto. Per taluni potrà risultare strano, particolare, ma è proprio in questa sua eterogeneità e voluta diversità che egli realizza un testo capace di far sognare e trasportare con due protagonisti e una serie di coprotagonisti vividi e capaci di far meditare su circostanze del vivere quotidiano e anche del relazionarsi nonché su quel contesto sociale così attuale e a noi prossimo. Un libro che coccola e che resta, da leggere.
«Ma la cosa strana alla sua età è che si passa metà del tempo a sognare quello che potrebbe succedere, e l’altra metà a tentare di non pensarci, e in entrambi i casi ci si trova bloccati a vivere una vita che non sembra avere grande importanza, a metà strada tra l’infanzia e qualcosa di più stabile portato dalla maturità, qualunque cosa sia.»
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