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Una parata di infelicità
"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo". Questo incipit di Anna Karenina sembra il leitmotiv di Easter Parade, che ha pressappoco un incipit simile e altrettanto incisivo: "Né l'una né l'altra delle sorelle Grimes avrebbe avuto una vita felice, e a ripensarci si aveva l'impressione che i guai fossero cominciati con il divorzio dei loro genitori". Questo è un libro in cui Yates prende il matrimonio per i cappelli, lo tira giù dal suo piedistallo, e lo calpesta rabbiosamente coi piedi, imbrattandolo e rendendolo ridicolo, quasi come se fosse un avversario o un sacco di boxe sul quale sfogarsi. E se il matrimonio è un mito che viene sfatato nemmeno essere indipendenti, spiriti liberi, non è la soluzione. Come la giri e la rivolti si arriva all'unica soluzione del rebus della vita: solitudine.
Due sorelle, Sarah che sceglie il matrimonio e ci crede in lui fino in fondo costi quel che costi, costi persino la vita stessa e la propria felicità! Emily, che dopo un matrimonio frustrante e durato pochissimo sceglie l'indipendenza oppure è l'indipendenza che sceglie lei, comunque sia finisce per essere uno spirito libero, ma la libertà è pericolosa e l'uomo, il più delle volte non sa che farsene, è una cosa superiore alle sue capacità di gestione. Il matrimonio fallito dei loro genitori sembra quasi una stigmata di infelicità e di irrequietezza che le accompagneranno per tutta la vita, Yates ce la descrive quasi nella sua interezza coprendo un arco temporale di cinquant'anni, e chiude il cerchio in maniera beffarda - come se fosse l'ultimo colpo, quello KO al suo avversario - con l'inizio promettente del matrimonio della terza generazione, quello del figlio di Sarah, e la frase finale del libro: "Ti va di venire dentro a conoscere la famiglia?" risulta essere ironica, la parola "famiglia" perde tutte le confortanti caratteristiche che dovrebbe avere e diventa solo un ingannevole e vuoto vocabolo.
Questo è il secondo libro che leggo di Yates, dopo "Revolutionary Road" che personalmente ho trovato molto più bello. Non che questo non lo sia, ma il fatto che ricopre un arco temporale così vasto in 270 pagine, fa sì che si penetra solo nella superficie dei personaggi e della storia, anche se vengono comunque tutti ben descritti perché a Yates bastano pochi elementi a rendere vivido un personaggio, conquista più terreno nel finale che è ovviamente drammatico. Per il momento il mio Yates del cuore resta "Revolutionary Road", che trovo sia anche meglio scritto in termini di prosa. La lettura di "Easter Parade" completa alcuni concetti aperti in "Revolutionary Road" come ad esempio il viaggio in Europa come svolta personale. La nostra Emily avrà modo di girare in lungo e in largo l'Europa eppure la sua pace non riesce a trovare perché non è il luogo fisico dove ci si trova a far felice una persona ma ciò che essa sente dentro il cuore. Emily intraprende il viaggio con una persona che non ama quindi il viaggio è un fallimento per entrambi, stessa cosa che sarebbe accaduta ad April e Frank se fossero andati a Parigi. Il prossimo Yates che desidero leggere è "Undici solitudini", pare che assieme a questi due titoli rappresenti il trio più significativo e profondo della prosa di Yates.
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