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"So chi sei,avevo detto. L'ho sempre saputo"
Pari, tre anni, e Abdullah, dieci anni: le loro vite costituiscono il cuore del romanzo. Non un legame normale ma un legame speciale li unisce. Con instancabile dedizione e grande gioia, Abdullah si prende cura della sua sorellina sin dal giorno in cui la loro mamma è morta dandola alla luce. In lei, che è "la sola vera famiglia che avesse", ritrova parte del candore e dell'allegria della madre il cui volto, nei suoi ricordi, va sbiadendosi.
Pari, "come la città, ma senza la s. Significa fata, in farsi", cresce con la fiduciosa speranza che "niente di male potesse accadere fintanto che lui era al suo fianco". Vicini, anche quando saranno vecchi, per sempre: è questa la promessa che Pari ottiene da suo fratello, mentre su un carretto rosso, sono diretti a Kabul assieme al loro padre Sabur che aveva tentato invano di convincere Abdullah a restare a casa. Tra i bambini e la loro promessa ci sono degli ostacoli troppo grandi per la loro giovane età.
La rigidità degli inverni del piccolo villaggio di Shadbag non 'risparmia' chi nasce povero e questo Sabur e Parwana, la sua seconda moglie, lo sanno bene: occorre tagliare il dito per salvare la mano.
"Qualcosa che, benché doloroso nel breve periodo, avrebbe portato a un bene maggiore e duraturo per tutte le persone coinvolte". No, l'idea di zio Nabi, il fratello maggiore di Parwana, è solo un'idea ingiusta che soddisfa un duplice egoismo: il suo e quello di Nila Wahdati.
"Cos'ero io, Maman?... Un seme di speranza? Un biglietto per traghettarti dalle tenebre? Una pezza sullo strappo che portavi sul cuore? Se questo è vero, allora io non bastavo. Neanche lontanamente."
A volte una quercia, altre un cane o un carretto rosso: su quell'assenza che sembra arrivare dal passato, Pari costruirà la sua vita e troverà un suo equilibrio.
La sua tenera età l'ha un tempo preservata come "la pozione che cancellava i ricordi"; suo fratello Abdullah invece non ha potuto dimenticare né ha mai smesso di coltivare la speranza.
"Come un pesce costretto a risalire la corrente, cercavo di guidare la penna da destra a sinistra, contro la natura della mia mano. Pregavo Baba di farmi smettere, ma lui si rifiutò. Mi diceva che in seguito avrei apprezzato il regalo che mi stava facendo".
"So chi sei, avevo detto. Lo so da sempre."
Un pacchetto stipato in una valigia, sopra una busta con su scritto "Per mia sorella Pari". Nella busta un biglietto, scritto in farsi.
E poi "un piccolo sorriso di gratitudine, anche se tardiva, per tutti i martedì pomeriggio che Baba mi aveva accompagnato a Campbell per la lezione di farsi."
C'è sempre una storia coinvolgente tra le pagine che recano la firma di Khaled Hosseini. Questa volta l'autore afghano, in un arco temporale di circa sessant'anni a partire più o meno dagli anni Cinquanta del Novecento, in un viaggio dall'Afghanistan alla Francia, da San Francisco all'isola greca di Tinos, intesse un romanzo multiforme per personaggi e sentimenti. Alla storia di Pari e Abdullah, infatti, se ne intrecciano altre che ora la spiegano ora l'arricchiscono: è la storia di Parwana e dei suoi segreti o quella del matrimonio tra Nila e Suleiman Wahdati, un matrimonio infelice retto su due infelicità irrisolte. Altre vite invece sembrano microstorie a sé che, seppur interessanti e con messaggi importanti (su tutte la storia di Thalia), sortiscono il solo effetto di allontanare troppo dalle vicende di Pari e Abdullah risultando indesiderate agli occhi del lettore.
Tuttavia non mi sento, per quest'unico neo, di far venir meno il consiglio della lettura di questo libro sia a quanti, come me, apprezzano la scrittura limpida e a tratti poetica di Hosseini sia a chi ancora non conosce l'autore.