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Eredità misteriosa
A che serve il mercato editoriale? A nascondere il capolavoro perché non sia così facile trovarlo. E perché leggere un capolavoro deve essere come il premio di una occulta caccia al tesoro? Forse perché il libro non è scritto solo dall’autore, che magari in tutta onestà crede di essere stato lui a scrivere quel certo libro, ma è come se per una seduta d’ipnotismo l’autore scrivesse quello che una mente esterna a lui e più grande di lui pensa per un processo oscuro chiamato ispirazione. Dunque, l’opera d’arte contiene il messaggio di questa mente più grande e forse, dico forse, i trapassati ci parlano anche loro attraverso certe opere. E’ il caso della grande letteratura, quella dell’autore Bolano e dell’autore Benno Von Arcimboldi. Arcimboldi è uno pseudonimo naturalmente, dato che non ha nessun senso che il capolavoro indossi il nome di chi per puro caso l’ha scritto. Ma questo comporta la possibilità di perdere le tracce dell’uomo, autore materiale del capolavoro. Perciò nel primo volume della pentalogia troviamo i critici a caccia dell’autore Arcimboldi. Le sue tracce si perdono a santa Teresa, misteriosa città del Messico, forse pseudonimo di altra ben nota città del Messico che è Ciudad Juarez. Il giallo si sposta ben presto dalla ricerca dell’autore alla città di santa Teresa, ovvero alla ricerca dei colpevoli dei femminicidi seriali che si perpetuano a santa Teresa. Come la scrittura è un processo che esce dai limiti dell’esistenza razionalmente percepita, così anche altri fatti escono dalla logica e Santa Teresa catalizza l’irrazionale, la pulsione omicida, la violenza che si riaggancia a riti ancestrali. L’autore cita le piramidi degli atzechi dove in un antico rituale le donne venivano sacrificate in un altare di pietra trasparente in modo che dal basso la folla che assisteva al rito potesse vedere ogni cosa. Così a santa Teresa la nuova piramide è realizzata grazie alla cinepresa che filma negli snuff movies le morti e le torture e le violenze subite da centinaia di donne che poi spariscono e ricompaiono cadaveri nel deserto. Vari soggetti vengono incriminati per i delitti e sembrano colpevoli, ma i delitti continuano con le stesse modalità, come se anche per i delitti si innescasse un meccanismo simile a quello dell’arte, per cui una mente esterna, il Male diciamo, potesse agire attraverso più persone per perseguire i suoi scopi. Il terzo romanzo, quello di Fate parla del salvataggio, fatto per ispirazioni improvvise e intuizioni e premonizioni, di una di queste donne, Rosa Amalfitano. Il romanzo a me è piaciuto e dà una boccata d’ossigeno catartica che prepara alla lettura del quarto romanzo. Catartica in quanto il Male, la grande mente, non è onnisciente né onnipotente, e può manovrare e agire ma si può anche in qualche modo contrastare. Il quarto romanzo non sembra nemmeno scritto da Bolano, in quanto è un lunghissimo reportage giornalistico che contiene la descrizione di una serie interminabile di omicidi di donne, spesso giovani o bambine, avvenuti a santa Teresa. Di questo romanzo colpisce il tono serio, la mancanza di morbosità nonostante il materiale scabroso trattato. E’ come se Bolano volesse dire che non sta inventando di sana pianta e che non prova piacere a scrivere quello che deve. Il problema degli omicidi in Messico a Ciudad Juarez come altrove esiste, è un dato di fatto. Il romanzo allude a collusioni tra classe politica, polizia ai più alti livelli, narcotrafficanti, sette di satanisti e cinematografia. Parla anche di connivenze create dalla mentalità comune maschilista e machista e dalla mancanza di fermezza nel condurre le indagini anche da parte di poliziotti onesti. Come le ossa delle donne riaffiorano nel deserto, anche i morti parlano e lo fanno attraverso le opere d’arte. Quella di Bolano, forse (chissà) quella di Arcimboldi e anche quella del pittore Hugo cugino della famosa baronessa Zumpe, di cui sappiamo che dipinge cadaveri di donne. Il titolo 2666 sembrerebbe alludere anch’esso al mistero del male.
Mi è piaciuto molto Bubis, l’editore di Arcimboldi, che crede in lui nonostante le esigue vendite e che ordina alla moglie, la leggera baronessa Zumpe, di proteggerlo e dargli sempre fiducia. E forse fa parte di una strana maliziosa visione del mercato editoriale di Bolano, il fatto che la baronessa, che non ha mai letto un libro, faccia prosperare la casa editrice dopo la morte del marito molto più del marito stesso.
p.s. nelle ultime pagine c'è una descrizione di un'opera di Arcimboldi, dove l'elemento umano sembra sparire e disgregarsi nella natura, che fa capire come mai lo scrittore si sia scelto quello pseudonimo, che cita il pittore italiano Giuseppe Arcimboldo, molto particolare.
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