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La metamorfosi della vita
“Il passato è tutto, l’avvenire è niente, non esiste un altro senso del tempo. Viviamo su un pezzetto di calcare della sclerosi multipla del cosmo”.
Uno dei pochi autentici, e purtroppo quasi sconosciuti, capolavori della letteratura mondiale degli ultimi decenni, viene dalla Romania, ed è firmato da Mircea Cartarescu.
“Abbacinante” è una trilogia, imponente e geniale, che riproduce nel titolo, e ripropone in più parti, come motivo mistico-simbolico, il corpo di una farfalla: ala sinistra, corpo centrale e ala destra. Proposto in Italia da Voland, il primo volume in italiano è apparso nel 2008 e l’ultimo nel 2016.
Se dovessi delineare in poche parole che impressioni ho avuto nel leggere questo libro, direi che si è trattato di un abbagliante spettacolo di psichedelia e allucinazioni, simmetrie ed iper-simmetrie, una batteria di fuochi d’artificio con i suoi passaggi più esaltanti, i momenti dal ritmo più piano e poi una corposa terza parte che riprende il vortice allucinato di sogni e sensazioni delle prime pagine e confluisce in un finale che rimette a posto tutto le tessere e il cerchio si chiude. Ma non del tutto...la lettura del secondo e del terzo volume, ne sono sicura, renderà più chiare certe scelte narrative e i motivi della storia, la storia di Mircea Cartarescu, “questo libro illeggibile” cui ha dedicato ben 14 anni!
‘Ala sinistra’ comprende gli avvenimenti principali della sua infanzia e prima adolescenza, narrati in prima persona dal protagonista, lo stesso Mircea Cartarescu, in un lungo, ininterrotto flusso di coscienza, con notevoli salti temporali, in cui inserisce i personaggi reali dei suoi ricordi ed altri surreali, dei suoi sogni. Tra le pagine compaiono sempre delle farfalle, ora piccole, ora mostruosamente giganti, ora disegnate, ora incastonate in anelli, ora impresse nella pelle come la grande macchia rosa-violacea, un lupus eritematoso che sua mamma aveva sul fianco. La farfalla è un simbolo mistico, perché
“La mia memoria è la metamorfosi della mia vita, l’insetto adulto di cui la mia vita è la larva. E se non mi tuffo nell’abisso di latte che la circonda e la cela nella crisalide della mente, non saprò mai se sono stato o se sono una mantide vorace, un opilione sognante sulle sue zampe interminabili o una farfalla di bellezza sovrannaturale”.
“Il passato è tutto” si diceva all’inizio, citando un passo, ed è lì che bisognava investire le proprie energie, indagare come archeologi, perché “ogni scoperta è un ricordarsi”, uno scoprire se stessi. Attraverso quel continuum realtà-allucinazione-sogno- ricordo è possibile sperare di avvicinarsi ad un’altra dimensione, non meno reale della realtà presente. “Quella che chiamiamo comunemente ‘realtà’ non è che la superficie delle cose. La vita allucinatoria è vera quanto la vita ‘reale’”dice l’autore in una intervista raccolta da Vanni Santoni nella postfazione dell’edizione Voland.
Mille richiami ai grandi classici della letteratura di ogni tempo: Dante, Kafka, Proust. Un edificio di ricordi dai particolari vividi, ma inseriti in contesti allucinati, la stessa Bucarest, le cui viscere ammuffite, le cui gallerie sotterranee dove avvengono fatti surreali, non è quella reale, se non in parte. Bucarest è spesso la protagonista indiscussa delle notte allucinati del piccolo e malaticcio Mircea: seduto sulla cassapanca, coi piedi sul termosifone, dalla tripla finestra panoramica la città appare come in un trittico. Luci al neon che si accendono e si spengono, i fari dei tram e delle auto, talvolta la città con quelle luci colorate si trasforma in un enorme acquario, come la stessa stanza di Mircea.
Altro motivo narrativo e simbolico di questo libro è la costruzione per cerchi concentrici , il mise en abyme come notevole illusione ottica. Nelle sue visioni Mircea immagina il suo cervello inserito in una scatola cranica, che al suo interno ne contiene un’altra, e così via, tante scatole craniche quanti i gradi di conoscenza e consapevolezza raggiunti negli anni. Ed anche i ricordi funzionano come matriosche: la borsetta rossa della mamma, che funzione come archivio di famiglia, innesca tutta una serie di ricordi involontari, odori, sensazioni, luoghi, colori. Ancora:
“Il me di oggi ingloba il me di ieri, che comprende quello di ieri l’altro, e così via a ritroso, sicché non siamo altro che un’immensa sequenza di bambole russe celate l’una nell’altra, ognuna gravida di quella che l’ha preceduta (...). L’io di ogni attimo è legato a quello precedente tramite un vigoroso cavo ombelicale, con due arterie e una vena, trasportando gli ineffabili eritrociti della causalità”.
Un linguaggio sofisticato, immaginifico, ricco di termini scientifici. Un’opera monumentale di grande bellezza, arrivata in Italia con vergognoso ritardo e che merita di essere conosciuta da un pubblico più vasto.
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Io ve lo consiglio, se amate una lettura veramente particolare e, per questo, rischiosa. Ma alla fine capirete ogni passaggio che prima vi aveva lasciato interdetti. Ciao!
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