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"IL TEMPO NON PASSAVA, MA CONTINUAVA A GIRARE INTO
“Non provò né paura, né nostalgia, ma una rabbia viscerale al pensiero che quella morte artificiosa non gli avrebbe permesso di conoscere la fine di tante cose che lasciava incompiute.”
Se dovessi riassumere in una riga il contenuto di questo romanzo direi che è la semplice storia di sette generazioni di una sola famiglia, i Buendia. Ma questa è solo la superficie di un racconto che è stato come un colpo d’aria che mi è arrivato dritto allo stomaco: sono finita per entrare così tanto in sintonia con i personaggi, con le loro vicende e le loro disgrazie, che alla fine della lettura mi sono sentita completamente destabilizzata. Se chiudo gli occhi, riesco ad immaginare il profumo e l’aspetto di Macondo nella semplicità del suo brulicare di abitanti, dello studio del colonnello Aureliano, della bananiera, dei mandorli e delle farfalle gialle di Meme.
Allora, da dove partire per descrivere le emozioni che questa storia ha suscitato in me?
Innanzitutto, il romanzo straborda di personaggi con personalità, caratteristiche e aspirazioni diverse le une dalle altre e il cui unico denominatore comune è la solitudine: la solitudine da cui sembra impossibile scappare e dalla quale non possono nascondersi. Nella visione della vita di Marquez, sembra non esserci via d’uscita dal dolore, dalle sofferenze e dalle disgrazie, se non l’accettazione del destino e l’attesa della morte, che fa scivolare inevitabilmente qualsiasi cosa nell’oblio. Marquez riesce a racchiudere in quest’opera svariati temi, come l’isolamento, la scienza, la magia, i miti, il tempo e la resurrezione adottando uno stile tutto suo. La storia, infatti, è narrata con uno stile elaborato e personale, ricco di prolessi che anticipano drammaticamente gli avvenimenti ancora da narrare. Così, nonostante tu sappia già in che modo si concluderà la vita di ogni singolo personaggio, non sai quali siano le cause e le circostanze che lo guidano a tale destino: perché forse, talvolta, l’importante non è la meta, ma è il viaggio che ti riporta a giungere tale meta.
Devo dire, però, che le sensazioni che mi hanno portato a scriverne un commento, non sono sempre state così, anzi: per le prime cento pagine non riuscivo a cogliere l’importanza e la portata del messaggio che Marquez voleva trasmettere. Non riuscivo a leggere quell’imperscrutabile disegno che solo nell’ultima riga del romanzo mi è sembrato finalmente chiaro, profondo e inaspettato. La storia di questa famiglia così variegata ci viene presentata come un processo ciclico e, come tale, si ripete infinitamente e meccanicamente. Non c’è felicità e possibilità di riscatto per la famiglia Buendia, condannata a girare intorno per l’eternità, in un processo ciclico la cui la sola via d’uscita sembra essere, appunto, la morte.
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Che meraviglia, quando diventano - per un motivo o l'altro- indimenticabili.
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