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L'Avversario
 
L'Avversario 2020-09-14 10:40:45 Molly Bloom
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    14 Settembre, 2020
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Vorrei ma non posso

Dopo tante opinioni positive lette su questo lavoro di Emmanuel Carrère, finalmente mi decido di provare anche io la prosa di questo autore francese contemporaneo. Fortunatamente è stato un incontro breve e probabilmente l'unico.
Una cosa che mi infastidisce in uno scrittore è la sua presunzione dichiarata, il suo narcisismo e quando esso è anche immotivato e i nobili intenti vengono meno, allora il fastidio si trasforma in una pessima opinione. E' questo che mi è capitato con Carrère. Da lettore ti senti un po' anche preso in giro. Dopo una bella introduzione in cui l'autore, dichiara senza mezzi termini che il suo intento non è quello di analizzare i fatti che hanno portato alla tragedia familiare in cui Jean-Claude Romand stermina la sua famiglia, quello essendo il compito delle indagini e che usciranno inevitabilmente fuori, ma il suo vero intento, da scrittore, è quello di inseguire i pensieri dell'assassino durante questo periodo, di calarsi nella sua mente mentre errava in questa sua vita di menzogne e inseguilo nella sua solitudine, contando anche (e soprattutto) sull'aiuto di Romand stesso, il lettore si aspetta una determinata piega del discorso. Il risultato è piuttosto deludente: il libro è un mero riepilogo dei fatti, un assistere al suo processo in aula e dove lo spazio dedicato all'introspezione è totalmente assente, sostituito solo da domande sciocche, da bar, che non portano a nulla, nemmeno alla riflessione. A questo punto mi chiedo: perché questo libro? Che senso ha visto che l'autore manca l'ambizioso intento? Probabilmente ha giovato solo a Jean-Claude Romand e alle tasche di Carrère, tant'è che Catherine Erhel, giornalista, gli da a Emmanuel Carrère dell'"imbecille" (sue testuali parole) per scrivere una storia simile:
"Chissà com'è contento che tu scriva un libro su di lui. Non ha sognato altro per tutta la vita. In fondo ha fatto bene a uccidere la sua famiglia, finalmente tutti i suoi desideri si realizzano. La gente parla di lui, appare in televisione, uscirà la sua biografia, e per la pratica di canonizzazione è sulla buona strada. E' quel che si dice venirne fuori alla grande. Percorso netto. Tanto di cappello."

Quindi non riuscendo a capire il perché e nemmeno l'utilità di questo libro né a livello letterale in quanto non ha uno stile particolare e la prosa è semplice, e nemmeno a livello psicologico del personaggio perché privo di introspezione, nel complesso per me è stata una esperienza deludente. Probabilmente nel suo narcisismo avrà voluto descrivere un Humbert Humbert o un Raskolnikov ma il suo Avversario è solo un lungo articolo di cronaca nera.

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kafka62
14 Settembre, 2020
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Una stroncatura di classe, Ioana. Io di Carrere ho letto solo "Il Regno" e non ne ho ricevuto un'impressione così negativa. Certo, l'egocentrismo dell'autore è innegabile (in quel libro alla descrizione semi-romanzata della predicazione di San Paolo si alternavano con inopinata frequenza brani autobiografici) e sicuramente c'è stata una sua sopravvalutazione critica (di scrittori del suo livello ce ne sono a ben vedere centinaia), ma se non si cercano capolavori i libri di Carrere, per quel poco che ho letto, sono abbastanza godibili. Dalla tua recensione mi sembra comunque di capire che il paragone con "A sangue freddo" di Truman Capote, che ho letto da qualche parte in rete, è alquanto fuorviante. Buone letture.
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Molly Bloom
14 Settembre, 2020
Ultimo aggiornamento:
14 Settembre, 2020
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Io non ho letto Capote mi incuriosisce molto "A sangue freddo" per lo stesso paragone letto in rete, oltre che ad essere comunque riconosciuto come un buon libro. Se Carrère avesse taciuto sulle sue intenzioni, probabilmente la mia valutazione guadagnava una stellina in più e se il libro non fosse stato un racconto fedele di una vicenda realmente accaduta in tutti i suoi particolari ma frutto di una finzione, avrebbe guadagnato un'altra ancora, totale quattro stelline il che ne farebbe un buon libro.
Dopo aver inizialmente accantonato l'idea del libro, Jean Claude Romand gli scrive questo: "capisco il suo stato d'animo. Apprezzo la sincerità e il coraggio che la inducono ad accettare la delusione di un fallimento, dopo un lavoro considerevole, piuttosto che accontentarsi di un resoconto giornalistico che non sarebbe all'altezza dei suoi obiettivi." Nel libro viene pubblicato anche il breve scambio epistolare con Romand ed infine riesce anche a visitarlo in carcere e il loro incontro lo riassume cosi': "Non ci sono stati grandi silenzi né effusioni dostoevskiane. Abbiamo parlato del più e del meno, come due persone che si sono incontrate in vacanza.(...). Sul passato nemmeno una parola.".....Ah, bene! Ottimo. E meno male che mi doveva introdurre nei suoi pensieri e far ripercorrere i suoi passi intimi.
Come ti capisco, Ioana!
Anch'io ho letto un solo libro dell'autore, e ne sono uscito sconcertato, colpa anche della traduzione, per la sciatteria della scrittura. Altrettanto grave, il superficiale 'narcisismo' , che anche tu lamenti.
Solitamente amo gli scrittori che parlano anche di sé, ma si chiamano Yourcenar, Brokken... E anche gli italiani contemporanei come Trevi, Lalla Romano, Mari...
Qui però siamo a livelli di banalità deprimente, bassamente 'autoreferenziali' .
E dire che trattava un argomento forte, importante (Il libro a cui mi riferivo : "Il Regno").
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Molly Bloom
14 Settembre, 2020
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Ciao Emilio, anche qui l'argomento era forte se davvero lui fosse riuscito a scrivere questa biografia di Jean-Claude Roman in maniera romanzata, magari in prima persona con flussi di coscienza e comunque la descrizione di pensieri che potrebbero essergli venuti in mente in quella follia, sarebbe stato un grande lavoro ed infatti era quella la piega che mi aspettavo. Ma non il risultato finale. La prosa non mi è sembrata proprio sciatta ma nulla di che, non rimane impressa, spesso utilizzato il riassunto e pochissimi dialoghi. Mi è sembrata una operazione semplice la pubblicazione di questo libro in cui il suo apporto di scrittore alla storia in sé è stato davvero minimo e appunto, non ne capisco le ragioni se non per pubblicare qualcosa, qualsiasi cosa.
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Molly Bloom
14 Settembre, 2020
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Giulio, involontariamente il pensiero va un po' a Charles Kinbote dopo la tua affermazione su "inopinati brani autobiografici" :-)
Sono d'accordo Ioana, un libro di cui ho faticato a vedere lo scopo, grigio, un po' asettico, masturbatorio forse. C'è più psicologia in un qualunque libro di Simenon, per dire.
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Molly Bloom
14 Settembre, 2020
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Daniele, mi rifarò con Shirley Jackson, è la prossima lettura che inizierò già stasera.
Valerio91
14 Settembre, 2020
Ultimo aggiornamento:
14 Settembre, 2020
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Il paragone con "A sangue freddo", per quanto mi riguarda, regge benissimo. Peccato che nemmeno il libro di Capote mi sia piaciuto... proprio per la freddezza da cronaca con cui sono descritti i fatti. Non ci metterei la mano sul fuoco, ma direi che nemmeno quello finirà per piacerti, vista la stroncatura a questo romanzo. Pur non essendo rimasto deluso come te, avevo aspettative molto più alte su "L'avversario", soprattutto riguardo l'approfondimento psicologico di un personaggio che, diciamocelo, nella sua bruttezza è interessante. Carrére ha un approccio troppo freddo e distaccato, si limita a fare un resoconto dei fatti, e questo secondo me ha ammazzato l'unico motivo per cui mi ero approcciato al romanzo: fare un viaggio nella psicologia dell'assassino e del bugiardo patologico; di un uomo che è stato capace di fingere per anni e anni. Assurdo a pensarci.
Dunque, Ioana, concordo abbastanza con la tua ottima recensione.
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Molly Bloom
15 Settembre, 2020
Ultimo aggiornamento:
15 Settembre, 2020
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Ciao Valerio! Infatti stessa mia perplessità! A pro di che, tutto questo? Dentro il romanzo ci sono veri e propri resoconti di cronaca o del processo, oppure domande "come mai nessuno se ne accorto? Boh, è andata così per quanto inspiegabile". Mi ha deluso perché non ho visto il valore letterario che lo scrittore apporta alla storia. Certo il libro è interessante ma perché il fatto in sé è al si sopra di ogni aspettativa e desta stupore (soprattutto per chi la storia non la conosce), ma non è farina del sacco dell'autore se non per averla in qualche modo "assemblata" con i dati che già possedeva. Aggiungi a ciò la sua ambiziosa premessa che vuole andare nel suo intimo, nella psiche di Jean Claude e non raccontare fatti, allora la cosa mi disturba ancor di più. Probabilmente la sua mancanza di introspezione significherà l'impossibilità di penetrarci dentro un personaggio così oscuro e ambiguo, ma in questo caso perché pubblicare il libro dato che la storia si conosce già. Ora non voglio sembrare accanita contro di lui ma mi sa tanto di furbata questo libro.
Sono d'accordo con voi sia su Carrere che sul libro di Capote (forse, al tempi, innovativo ma non un capolavoro, a mio parere). Però - per chi apprezza il cinema - il film tratto da questo libro (con un asettico e bravissimo Daniel Auteil nella parte del protagonista) è fatto molto bene.
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