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Pretéxtat Tach
«Ah, adoro le parole, ma questo non vuol dire niente. Le parole sono belle materie, ingredienti sacri.»
Pretéxtat Tach è ormai giunto agli ultimi due suoi mesi di vita. Non esistono possibilità d’appello per la sua condizione di salute e per quel male che l’ha colpito e del quale sembra interessarsi ben poco, quasi come se fosse un qualcosa in più, un qualcosa di poco conto. Dalle forme smisurate, il sovrappeso inarrestabile, il tabagismo persistente, l’alimentazione disgustosa, l’ironia nel sangue e la volontà di smuovere coscienze, l’eroe delineato dalla Nothomb. in questo che rappresenta il suo esordio letterario e che le è valso anche il “Prix Alain-Fournier”, smuove le corde più intime e con logica ben studiata e volontariamente beffarda invita il conoscitore a interrogarsi. Il tutto avviene per mezzo di un susseguirsi di dialettiche ininterrotte che hanno luogo sotto la forma dell’intervista. Quattro sono i giornalisti che si susseguono in questo botta e risposta destinato a fallire e che li vede affogare la brutta figura nell’alcol, il primo, vomitare in un cespuglio a causa del disgusto, il secondo, il terzo deridere e rimproverare i colleghi per poi far peggio, il quarto affogare nella propria dignità per quello scoop non sfruttato e interrogarsi su quel quinto giornalista che loro seguirà in quell’impresa così impossibile e invincibile che è Pretéxtat. Tuttavia, quest’ultimo fortunato ammesso al grande santuario non solo non è un lui ma una lei, non sol è stato ben distante dai precedenti intervistatori, non solo è l’unico che davvero ha letto l’opera del morente, non solo è l’unico che riesce a vincere la prima mano e a confinare lo scrittore vincitore del Nobel in uno scacco matto senza possibilità d’appello ma è anche l’unico che davvero riesce nella grande impresa.
È Nina colei che riesce nella titanica prodezza di invertire i ruoli e di dominare la scena. Lei che è una donna, lei che rappresenta tutto quello che Tach ha sempre odiato, lei che non ha freni sulla lingua riesce a far cadere quella maschera che per sessant’anni è stata indossata senza interruzioni al fine di coprire quel grande segreto.
Amélie Nothomb dona al suo lettore un titolo arguto, intelligente, illuminante. In un crescendo continuo questo è chiamato a meditare e riflettere su molteplici aspetti che hanno inizio da un punto e nel proseguire confluiscono ad un altro in modo perfettamente lungimirante e logico. Senza sbavature, senza mai far perdere di entusiasmo o di curiosità. Chi legge è spronato ad andare avanti, è incuriosito da questo botta e risposta in cui la vittima è schiacciata dall’artefice, è invitato a proseguire alla scoperta di quell’arcano che si cela dietro una trama solo apparentemente lineare e chiara. Al tutto si somma uno stile fluido, rapido, magnetico, eclettico, smaliziato ma anche estremamente ingegnoso. E pensare che è un esordio.
Una autrice di cui ad oggi ho letto poco e che, a maggior ragione dopo questo titolo, mi riprometto di approfondire e leggere con sincero interesse.
«C’è gente così sofisticata da leggere senza leggere. Come uomini-rana, attraversano i libri senza prendere una goccia d’acqua.»
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Commenti
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Quanto è vera questa frase, mi succede quando voglio leggere e sono stanca, sono una ranocchia che attraversa le pagine senza capirci più nulla. "C’è gente così sofisticata da leggere senza leggere. Come uomini-rana, attraversano i libri senza prendere una goccia d’acqua.» è ironica anche.
Interessante questo libro, ma non so se rientra nei miei gusti.
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