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Si ma con molte riserve
Archiviato, ed in modo abbastanza deludente. Era un po’ che me lo trascinavo dietro e non vi nascondo che alcune parti finali li ho semplicemente sfogliate e non lette: tipo i sogni di Don G. e alcuni suoi ricordi, elenchi di droghe e le loro denominazioni chimiche e relative formule. So che tutti voi reputate questo libro un capolavoro, per molti versi lo è. Descrive la depressione e l’indipendenza in un modo eccezionale, puro, viste attraverso i proprio occhi; parla della dipendenza dell’intrattenimento di oggi, tema sempre più preoccupante; suicidio; ci sono pagine davvero belle sullo sport, in questo caso il tennis, che viene descritto spesso in modo molto poetico evidenziando quindi più lo sport-arte, non nascondendo però i duri sacrifici che ci sono dietro. Per non parlare dello stile particolare di Wallace, che arriva persino ad usare disegni geometrici, che inizialmente ti prende perché bello ed intelligente, spontaneo, innovativo per certi versi tipo “24/7/365” anziché “continuamente” e tante altri modi di dire scritti in maniera originale.
Però, per me c’è un grosso PERO’: se una persona mi dovesse chiedere se il libro mi è piaciuto, nel suo complesso, nella sua interezza, non ho dubbi: no! E assolutamente non lo rileggerei. Perché è bello sì, ci sono pagine e pagine incantevoli, pagine vere, crudelmente vere e tristi, con una narrazione che scorre velocemente come quelle immagini presenti sulle cartucce, che ti prende e ti trascina come un’onda potente PERO’, ci sono anche altrettanto tante pagine per me assurde, piene di dettagli insignificanti, di note a volte altrettanto inutili, pagine e pagine in cui gli stessi concetti vengono continuamente ripetuti, soprattutto per quanto riguarda la dipendenza, come un pensiero compulsivo scritto, magari era voluta come cosa per dare maggior enfasi all’idea descritta ma dopo un po’, io lettore mi stanco tremendamente a stare dietro a tutto ciò e non credo di essere disposto a sentire tutte queste paranoie solo per godermi quei frammenti davvero interessanti, farò a meno! Mi comprerò quella edizione Einaudi che contiene una sorta di “best-of” dell’intera opera dell’autore. E’ un libro che mi ha fisicamente stancato, e credo fortemente che sarebbero bastate metà di quelle 12xy pagine per trasmettere la stessa idea, magari in un modo più forte e concreto al lettore, senza allungarsi così tanto e “senza profitto”. Credo che il suo ultimo libro incompiuto, “Il re pallido” sarebbe stata un’opera colossale se fosse stata finita, in quantità magari avrebbe persino superata la Recherche, ma in quanto al contenuto, credo che sarebbe stata davvero ossessiva, oserei dire tossica per un lettore.
So che in tantissimi non sarete d’accordo con me, ci sta. Ma ci sta anche che io non sia d’accordo con voi. Con Wallace invece, continuerò ad avere un rapporto amore-odio, a rispettarlo per la sua intelligenza e grandezza che non nego, ma anche a rimproverarli tante altre cose. Sicuramente, tra alti e bassi, la nostra conoscenza proseguirà.
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... Ma hai del tutto ragione nel dire che abbiamo tutti ragione. :)
Io ho patito molto, ma non ho tolto più di una stellina, perché una volta riagganciati i fili ho compreso meglio tutto e ho giustificato la genialità dell'autore. Ho detto più volte che il mio errore è stato leggerlo in concomitanza con libri impegnativi come Il viaggio di Céline, il libro di Powers per la redazione e altri meno lunghi. Si rischia di perdere il filo. Poi sarà colpa dell'edizione cartacea se le note sono fatte per essere lette dai lillipuziani. Comunque sì, Bella esperienza. Su questo concordiamo!
Non volevo dire che i giudizi che leggo sono su Wallace in termini generali (né il tuo su Infinite Jest né quelli di altri) ma che ogni libro di Wallace sembra "dividere" i lettori, e dunque sullo stile di scrittura di Wallace c'è sempre discussione.
In realtà, secondo me, Wallace fa parte di quella categoria di autori che piace o non piace, e ognuno per differenti ragioni (mi viene in mente Bukowski, ad esempio, e anche qualche autore italiano sulla cresta dell'onda)...
In fondo, è giusto avere la convinzione dei propri giudizi: per puro caso l'ultimo libro che ho recensito ("Il buio oltre la siepe" di Harper Lee) è molto controverso, ed ha scatenato delle vere e proprio "campagne" avverse. Io resto convinto che, dall'altra parte, i tanti estimatori del libro hanno colto la sottile intelligenza dell'autrice nel trattare un tema scottante (negli anni '50 ed ancora oggi).
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