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UN ROMANZO PREPOTENTE
Chiamatelo come più vi aggrada: romanzo-monumentale, romanzo-mondo, colossal editoriale, opera torrenziale, etc. frutto della penna di un autore che è diventato un’icona, come spesso succede ai grandi artisti che si suicidano e lasciano quella dolente nostalgia subito dopo il clamore. Un libro che ha segnato un’epoca, tornato di gran voga qualche anno fa per festeggiarne il ventennio dalla prima uscita. Per me Infinite Jest è, e lo ricorderò tale, ne sono sicura, un romanzo prepotente, ma proprio prepotente sotto ogni aspetto.
Elenco le difficoltà che ho riscontrato, ma non lasciatevi scoraggiare, darò spazio anche ai motivi per cui Infinite Jest merita di essere letto.
Vissuto (è il caso di dirlo, ci ho impiegato mesi) in formato cartaceo.
Prepotente la mole: più di 1200 pagine (note ed errata corrige comprese) quasi proibitiva da portare dietro negli spostamenti. Font delle note lillipuziano, da talpizzare la vista. Prepotente la trama ricca, ricchissima e intricata con tanti personaggi disseminati tra le pagine, che, una volta nominati per nome e cognome, spariscono per poi essere indicati con sigle o anche con soprannomi a distanza di trecento pagine . Struttura prepotente, perché per me non è stato minimamente pensabile interrompere la lettura per più giorni, senza dover rileggere le pagine precedenti pena perdere la bussola della storia. Il libro impone concentrazione, se siete distratti, dovete tornare indietro. All’inizio sentirete la necessità di chiedervi: ma dove vuole portarmi questo libro? E avrete un gran da fare a chiedervelo, la risposta non arriva subito, bisogna superare quasi la metà del libro.
Ah, ma io non rivelo niente.
Non voglio parlare della trama, non riuscirei ad essere sintetica e poi la trovate ovunque. Voglio scrivere pochissimi tratti, limitandomi ad accennare le tematiche più interessanti.
L’amore per il tennis a livello agonistico, la competizione e l’ottimizzazione delle energie, la rigida disciplina degli orari, della dieta e degli allenamenti, la droga e la dipendenza, il disagio giovanile, le violenze domestiche, la solitudine, la società consumistica delle immagini e ... un pizzico di spionaggio.
Si cerca disperatamente la copia di una cartuccia filmica di intrattenimento creata dall’Auteur James O. Incandenza capace di imprigionare chi la guarda in una fissità vegetale: tale cartuccia potrebbe essere usata come arma di distruzione di massa.
Metafora dello strapotere dei media, capaci di farci il lavaggio del cervello e annichilire le nostre coscienze e la nostra volontà, generando dipendenza come le droghe.
Lo stile è un mondo di termini ipertecnici dalla correzione maniacale riferiti alla tecnologia, allo sport, alle droghe, al disagio psico-emozionale. Tantissime occasioni per riflettere e commuovervi, ma anche per ridere per le situazioni grottesche e surreali, per le parole usate nel momento giusto.
David Forster Wallace ha avuto genialità e creatività, amici stretti, quasi gemelli direi, della follia. Incredibile come sia riuscito a inventare tecnologie che sono apparse dopo la pubblicazione del suo libro, o che ancora devono essere immesse sul mercato; pazzesca la struttura di un gioco da campo con palline da tennis malmesse, chiamato Eschaton, che simula addirittura una guerra multinazionale con armi nucleari, con tanto di colori e divise ad hoc delle squadre. Originale la trovata degli anni sponsorizzati, ogni anno un marchio diverso. Geniale la guerra tra gli estremisti sulla sedia a rotelle (Afr) che vogliono separarsi dagli USA diventati la grande Concavità, una discarica di scorie radioattive annesse al Quebec.
Per me le pagine più belle sono quelle dedicate alla riflessione sulla libertà, sulla manipolazione delle coscienze “È sulle teste che stanno lavorando. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. Un intero programma. (...) Ci danno sempre qualcosa da odiare, odiare davvero tutti insieme (...)”. Profetiche le parole dedicate alle chiamate, alle videochiamate che, con la possibilità di usare maschere per rendersi esteticamente più gradevoli, anticipano i moderni falsi e/o ritoccati profili dei social network e la paura di mostrarsi nella vita reale senza trucchi.
Spiazzante la profondità e la conoscenza del grande male della depressione, o la Cosa, detta anche anedonia, o melanconia semplice “è una specie di novocaina emotiva, questa forma di depressione, e anche se non è dolorosa la sua vacuità è sconcertante e...ecco, deprimente”. Chi ne è affetto considera l’amore, la gioia di vivere, la felicità dei termini astratti, senza riscontri reali.
Un libro che pretende motivazione, concentrazione, tempo, ma sa ricambiare benissimo. Non do il massimo della valutazione, perché mi ha procurato anche momenti di stanchezza, ho trovato passaggi inutilmente lunghi ed evitabili. Interessante il fare delle note non un’appendice, ma un micro testo integrante, necessario per capire la storia e lo stile dell’autore, ma alcune erano superflue e il font microscopico.
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Rimando alle altre recensioni dei Qamici
Commenti
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Grazie Ioana per il supporto durante la lettura!
E perché la scena della signora che aveva un cuore artificiale nella borsetta Aigner? Quando viene scippata per strada nessuno l'aiuta, perché lei urla 'mi ha rubato il cuore!'!
Il mio preferito è don Gately. Ma basta spoiler, potrebbero leggerci! Ahahah
Si ricordavo dello sfregio ma nonostante questo mi ha sempre lasciato l'impressione che fosse bellissima e perfetta, tant'è vero che a un certo punto Gately intravveder tra il velo un viso perfetto. Infatti anche su wiki non danno una risposta certa ma a libera interpretazione.
Sì ci sono tantissimi nomi, ognuno dei personaggi ne ha, ecco la difficoltà di tenere alta la concentrazione. Anche l'ateur veniva chiamato Lui in persona, Cicogna Matta.
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