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"A morire fu il cane"
«Ho idea che la sola cosa che ci permette di guardare senza disgusto il mondo in cui viviamo sia la bellezza che gli uomini di tanto in tanto creano dal caos. I quadri che dipingono, la musica che compongono, i libri che scrivono, la vita che vivono. Fra tutte, la cosa più ricca di bellezza è una vita bella. È questa l'opera d'arte più perfetta.»
Kitty è una donna volubile, dedita alle apparenze e radicata in quel contesto sociale londinese che sembra già esser pronto a bollarla nella inderogabile condizione di zitella. Perché all’età di quasi venticinque anni non è ammissibile che una donna di buona famiglia non sia maritata e si sia anche permessa di rifiutare così tanti partiti per mero capriccio e insoddisfazione personale. Eppure, adesso, qualcosa è cambiato perché la sorella minore, da sempre in una condizione di inferiorità rispetto alla maggiore, è vicina a siglare quel vincolo coniugale di cui lei è ancora sprovvista. Ecco perché quando Walter, un batteriologo, non particolarmente interessante e bello ma comunque un uomo di scienza, si dimostra disposto a sposarla nonostante le sue frivolezze non può rifiutare. A questo si aggiunge il fatto che è in procinto di partire per la Cina dove studierà un rimedio per il colera. Quale miglior modo per suscitare invidia nella sorella e per lasciare un segno nella società che sposarsi con un uomo di sapere e partire per un luogo lontano? Il passo è rapido, Kitty adesso è sposata e si trova in una nuova realtà, un territorio all’interno del quale il suo cuore viene colto da quello che pensa essere un vero amore. Un amore provato e vissuto per un altro uomo che non è il suo compagno di vita. E Walter mai e poi mai avrebbe immaginato che il suo più grande amore potesse essere tradito. E ancor più verrà sorpreso della sua reazione perché egli che è da sempre un uomo gentile e dedito al perdono non riuscirà a venire meno al torto subito se non di facciata.
È un velo dipinto, trasparente, vacuo quello che ricopre la realtà in cui sono ambientate le vicende. È un tessuto inconsistente nondimeno consistente quello in cui le vicende prendono campo, un tessuto che non può essere infranto, che è infrangibile e con il quale non si può che convivere tentando, laddove vi sia il coraggio, di sollevarlo per vedere quanto e cosa veramente si cela dietro la facciata.
«Lei sa, cara figliola, che non si può trovar pace nel lavoro o nel piacere, nel mondo o in convento, ma solo nella propria anima.»
In questo contesto ha inizio la riflessione. Kitty è alla ricerca, si sente incompleta, insoddisfatta. Cerca quel qualcosa prima nei balli e nell’alta società, poi in un amore che crede sincero quando non lo è tanto che sarà proprio il marito a metterla innanzi alla crudeltà e amarezza dei fatti. Lo seguirà ancora e qui verrà a contatto con un altro mondo ancora più scarno, un universo fatto di ancora meno cose, ancora più misero di quello conosciuto al suo arrivo in Cina. Conoscerà le suore, conoscerà la morte, la devastazione, la malattia. Quel che circonda la famiglia frantumata dal tradimento è una dimensione che non ammette misericordia o amore perché gli eventi sono più rapidi e nefasti.
Ed è qui che Kitty inizia a mutare. Non riesce ad abbattere la barriera che si è creata con Walter, non riesce a scostarlo quel velo, non riesce a mettersi in contatto con lui ma inizia a percepire l’esistenza, inizia a percepire che quel che errava era il dove e il come cercava. Si ritrova nuovamente sola, non sa ancora quale sia il suo scopo nella vita ma è costretta a guardarsi dentro, a cercare le sue risposte, è costretta a guardarsi allo specchio per quel che davvero è. Inizia a essere consapevole di non poter essere migliore di quel che è ma al contempo inizia ad accettarsi perché non potrà mai dimenticarsi da dove viene e chi è. Non potrà mai fuggire da se stessa. Può solo sperare per il futuro, può solo auspicare che quella bambina che porta in grembo e con la quale non è riuscita a dare l’unico ultimo appello di speranza al marito, possa, un domani, essere migliore di lei e non commettere i suoi stessi errori. Possa, questa, un domani essere una donna meno frivola, non vincolata come nel suo caso a una madre che ad ogni costo la voglia maritata a un uomo che se la sobbarchi, meno dedita alle apparenze e più ai contenuti. Una speranza che coltiva nel cuore e che porterà avanti in questo suo percorso di crescita personale.
«Mi sento come quei vecchi marinai che fanno vela verso mari sconosciuti, e mi pare che la mia anima abbia una grande sete di ignoto.»
“Il velo dipinto” è un romanzo forte, introspettivo, filosofico. Al suo interno le pagine sono intrise di molteplici riflessioni sottese, riflessioni che toccano non solo la dimensione femminile e umana per mezzo della voce della protagonista principale e dei coprotagonisti, quanto anche aspetti più propriamente morali e identitari. Il lettore è trattenuto dalle parole, è coinvolto dagli eventi, li percepisce quali veritieri e concreti, non cerca la finzione, sa che quel che legge è la verità di una realtà e di una situazione perfettamente plausibile nella dimensione del concreto e per effetto è chiamato a interrogarsi, a soffermarsi su quelle tematiche che vengono introdotte nello scorrimento.
Un titolo che si fa divorare ma che è bene leggere con calma per gustarlo e assimilarlo un poco alla volta. Un elaborato che lascia il segno e non si dimentica. Un elaborato che resta anche a distanza di tempo dalla prima lettura.
«Chi si piega sarà reso diritto. Il fallimento è la radice del successo e il successo il nascondiglio del fallimento; ma chi può dire quando verrà la svolta? Chi coltiva la tenerezza può farsi eguale a un bimbo. La dolcezza reca vittoria a chi attacca e salvezza a chi difende. Possente è colui che vince se stesso.»
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Amo solitamente la scrittura dell'autore, ma questo libro mi ha veramente deluso, tanto da lasciarmi incredulo che sia stato scritto dall'autore dello scintillante "La diva Giulia", pieno di pungente ed elegante umorismo con una magistrale 'lezione' di fruizione teatrale.
Qui, niente. Una storia inverosimile e scritta, m'è parso in maniera addirittura un po' sciatta.
Ovviamente, con tutto il rispetto per chi ne ha avuto una percezione diversa, in particolare per te, Maria, una lettrice che stimo.
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