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Musica
 
Musica 2020-09-01 18:04:58 Rollo Tommasi
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Contenuto 
 
3.0
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    01 Settembre, 2020
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La mente è un luogo appartato

“Ho spesso pensato che il corpo di una donna somigli a una metropoli, a una metropoli di notte, traboccante di luci. Ogni volta che vado in America e ritorno di notte all’aeroporto di Haneda, anche questa brutta città di Tokyo, vista dal cielo notturno, mi sembra una donna malinconicamente distesa, con il corpo ricoperto di luccicanti gocce di sudore. La figura di Reiko distesa davanti ai miei occhi mi appariva proprio così, una metropoli notturna dove si nascondevano vizi e virtù. Gli uomini, uno a uno, tentavano di perlustrarla, ma non riuscivano mai a penetrare nei suoi angoli più remoti, dove si nascondeva il suo vero segreto.”

Lei è giovane, è delicata, è attraente, dispone di un fascino tutto suo, si accompagna a giovani belli e innamorati… ma, quando deve affrontare la sessualità, è totalmente e inspiegabilmente frigida.
Lei è Yumikawa Reiko, la paziente che il dottor Shiomi Kazunori ricorda tra migliaia di clienti del suo studio di psicanalista a Tokyo. Nella sala di terapia, la frigidità di Reiko si manifesta in una variante sorprendente: le impedisce di sentire la musica! Avverte i rumori attorno, ascolta le persone che le parlano, ma, quando partono le note, quel che la donna ode è soltanto silenzio.
Un fratello dileguatosi chissà dove dopo essersi scontrato con i genitori, un odioso promesso sposo che è stato scelto per lei dalla sua famiglia, un giovane collega di lavoro che piace a tutte ma a lei sembra non interessare: tutta una serie di storie aperte o in stand-by che, sul lettino della sala di terapia, emergono nelle loro sfaccettature più nascoste e tra le quali il dottor Kazunori ricerca la spiegazione di un mistero che appare mutilare la vita di una donna senza apparenti handicap.

Sessualità e personalità “combattono” in questo romanzo di Yukio Mishima, semplicemente ma efficacemente intitolato “Musica”. L’editore Feltrinelli, sin dalla prefazione, mette in guardia – un po’ furbescamente – a proposito dell’argomento trattato, e delle motivazioni che lo hanno spinto a pubblicare l’edizione del romanzo (piuttosto che a non farlo) nonostante l’argomento così delicato e complesso.
Reiko siede sul lettino della sala terapia alternando la voglia di raccontarsi a quella di autoanalizzarsi o di “usare” il suo psicanalista per altri e più reconditi scopi: perciò alterna sincerità e ritrosia, confessione e falsificazione (a volte persino inconsapevole), tanto che la storia sembra inquadrarsi quasi come una sfida tra paziente e dottore. Yumikawa Reiko è un oggetto di analisi particolare quanto sfuggente. Tocca al dottor Kazunori scindere ciò che è importante da ciò che non lo è, cercare le persone che ruotano intorno al vissuto di Reiko o esserne cercato, sino a scovare il capo dell’ingarbugliatissima matassa, che lo porterà alle radici della frigidità di Reiko, generata da qualcosa che somiglia ad uno choc.
Jung, Freud, ma anche quel po’ di psicoanalisi all’americana in questo libro di Mishima. Si può scommettere sul fatto che non risulterà del tutto convincente a chi è un cultore della disciplina, ma va detto che il giudizio sul libro – in bilico sino all’ultimo, a mio parere – si consolida in positivo grazie ad un finale che colpisce, e lascia l’impressione di un’opera da leggere.

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Commenti

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Mi incuriosiva questo libro, non ricordo chi me ne avesse parlato. Considerando le stelle che gli hai attribuito, Mishima poteva scrivere sicuramente di meglio!
Eh sì, Rollo, questa "psicoanalisi all'americana" non mi ha proprio convinto.
Ritengo sia un testo 'minore' dell'autore. Certo, la scrittura è bella.
La scrittura di Mishima non mi appassiona, Marianna, ma non penso che il problema sia quello: a parte il fatto che è il suo primo libro che leggo (e dunque almeno una seconda lettura è dovuta), è stato il progredire della storia a non appassionarmi... salvo, come ho scritto, un finale che ha avuto un sussulto, e cbe mi è sembrato tutt'altro che banale.

La psicoanalisi statunitense ha un approccio molto diverso da quello europeo, Emilio, ma sinceramente - non essendo un conoscitore della materia - non mi cimento in giudizi. Quel che ho notato nel libro è che ad un certo punto c'erano forse entrambi gli approcci, e questo mi ha un po' lasciato perplesso.

Ripeto, in ogni caso: un libro che, se non infastidisce lo specifico lettore per l'argomento trattato, è più che leggibile.
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