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Libertà
Caso ha voluto che leggessi questo romanzo in un periodo in cui mi ero finalmente approcciata all’ascolto di “Oblomov” attraverso le teche del programma radiofonico della RAI Ad alta voce - ascolto poi interrotto a causa della discontinuità che mi caratterizza quando a prevalere sono le vacanze, rigorosamente accompagnate da scarsissima dotazione tecnologica - per cui la lettura dello splendido e fuorviante incipit di Pnin subito mi ha fatto pensare all’oblomovismo e al suo creatore. La scrittura di Nabokov ha immediatamente richiamato alla mia mente la Russia, i suoi grandi scrittori, l’intera tradizione culturale, soprattutto letteraria, illudendomi di trovarmi in un solco o forse meglio dire sulla scia di quella grande produzione, fino a quando un geniale, sicuro, inatteso colpo di coda non mi ha fatto ricredere portandomi al cospetto di un autore moderno, vivace, ironico e divertente. Un grande maestro della narrazione, un incantatore di lettori, un abile prestigiatore che lascia di stucco non una sola volta ma lungo tutto il corso della narrazione, sfoderando al momento opportuno i suoi trucchi per far rinvenire il lettore dall’illusione di aver avuto in mano la narrazione, di averla, addirittura ritenuta quasi fino alla fine, dopo l’abile giochetto iniziale, inutile, non necessaria, prevedibile, noiosa. E invece, questo romanzo è semplicemente uno scherzo letterario, quasi un ironico saluto di Nabokov a se stesso, al suo essere stato professore, esule, genio al pari del Pnin che lo stesso Nabokov, fattosi personaggio nell’ultimo capitolo, si diverte a mettere alla berlina , avendoci fatto - prima e per tutto il tempo- quasi detestare tutto l’entourage accademico che gli ruota attorno e che lo sbeffeggia. Pnin è un uomo fallito, un arrendevole, misero uomo, un goffo per natura, un simpatico pasticcione? Ancora, è solo un personaggio che per la sua debolezza genera affetto immediato nel lettore? Non penso, Pnin è semplicemente la cartina al tornasole di un bieco ambiente pseudo culturale, una provinciale università, che millanta di essere produttrice di cultura mentre si occupa in realtà di sovvenzionare se stessa con inutili e improbabili studi come il cosiddetto Test del dito nella Tazza … si sarà dunque compreso che Pnin è l’opposto di Oblomov, niente affatto indolente anzi a me piace immaginarlo in fuga per una nuova vita preso per mano a Seymour Levin di Malamud. Buona fortuna a entrambi.
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