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UN CAPOLAVORO SPIETATO
Lette le prime 10 pagine del romanzo me ne sono totalmente innamorata.
Aldilà della scrittura di McCarthy, che già conoscevo avendo letto La strada, e che mi piace molto perché è asciutta ed essenziale, qui non ho potuto non perdermi tra le parole dei protagonisti.
Sono tre gli uomini della storia: uno sceriffo, un uomo qualunque è un assassino.
Ma. Ma l’uomo qualunque, Llewelyn, è una persona trasparente, è quello che è senza pretendere di essere qualcun altro, agisce come pensa sia giusto, ama sua moglie e ci delizia con delle perle di saggezza quasi buttate a caso nei suoi dialoghi striminziti.
Lo sceriffo è una brava persona, vuole difendere i suoi cittadini ma nel suo invecchiare si porta dentro un episodio drammatico della sua vita che definisce peso.
L’assassino è il male del romanzo secondo me, un uomo che ha un suo codice ma freddo e spietato.
Non so dirvi quanto a me sia piaciuto il personaggio di Llewelyn, in un romanzo così breve e dai dialoghi davvero esili la sua storia mi è arrivata.
Ho capito che il mondo come lo racconta lo sceriffo non è un paese per vecchi perché sembra che vada sempre tutto più a rotoli. I dilemmi del passato sembrano più pesanti man mano che va avanti e per assurdo invece il mondo gli sembra sempre più sbagliato e violento.
È davvero una storia affascinante anche se vi assicuro non c’è lieto fine, non è un romanzo che dà speranza nel futuro.