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Nessun dove
 
Nessun dove 2020-06-10 08:57:12 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    10 Giugno, 2020
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Viaggio nella Londra degli invisibili

"Nessun dove" è un romanzo fantasy rivolto ad un pubblico adulto, specie perché spesso devia nel sottogenere del grimdark, seppur a tratti proponga anche degli elementi più vicini al realismo magico. In modo simile a "your name." di Makoto Shinkai, questo libro è nato assieme alla serie TV omonima trasmessa dalla BBC e della quale Gaiman è stato uno degli sceneggiatori.
Pur proponendo cambi continui tra i molti POV -espediente che crea un po' di confusione, ma ha il pregio di tenere viva l'attenzione del lettore sull'intero cast- il romanzo si concentra principalmente su Richard Mayhew, giovane impiegato londinese dalla vita tutto sommato tranquilla e prevedibile. Le cose cambieranno quando il nostro eroe deciderà di soccorrere una ragazza dal bizzarro nome di Porta che incontra in strada ferita gravemente: per aiutarla a trovare un luogo sicuro dai suoi terrificanti inseguitori, Richard si avventurerà -e finirà con il rimanere bloccato- nelle inusitate vie di una seconda Londra, situata sotto quella che tutti conosciamo, dove vivono le persone rigettate dalla società e letteralmente cadute nelle fenditure.
Gaiman usa il fantasy per creare una potente metafora dell'emarginazione sociale; è evidente già nelle prime pagine, quando Jessica cerca di convincere Richard a lasciar perdere Porta:

«"Se presti lo attenzione, Richard, se ne approfittano. Ce l'hanno tutti una casa."»

Con la sua vita fatta di successi lavorativi e traguardi già prefissati, Jessica rappresenta bene quelle persone che guardano solo al proprio limitato tornaconto e, quando camminano per strada, girano la testa di lato per non guardare chi si trova in difficoltà. Ed è proprio di questi individui ai margini della società che si compone la fantastica Londra Sotto: l'autore getta un velo di magia sopra artisti di strada, mendicanti e piccoli truffatori, facendoci ben comprendere come chi entra in questo mondo sia praticamente impossibilitato a lasciarlo.

«[Anestesia] Scosse il capo. Tutte le fiamme scottano, piccolino. Imparerai. "Non puoi. O uno o l'altro. Nessuno li ha tutti e due."»

A parte un paio di colpi di scena ben studiati sul finale, la trama non ha uno sviluppo troppo originale, infatti il punto forte del romanzo è nella caratterizzazione del suoi personaggi, tutti riusciti alla perfezione e ben visibili nella mente del lettore grazie a descrizioni d'effetto:

«[...] c'era qualcosa di strano nel taglio di quegli abiti. Erano il tipo di completo che avrebbe potuto creare un sarto di duecento anni fa, a cui gli abiti moderni fossero stati soltanto descritti, senza averli visti realmente.»

Apprezzo anche che Gaiman non sia spaventato dall'idea di separarsi dai suoi personaggi che, per quanto carismatici, incorrono spesso in sorti decisamente infauste.
E in questo bouquet di personaggi favolosi dovevo necessariamente identificare un preferito (con Gaiman c'è sempre un personaggio che spicca sugli altri e mi rimane in mente anche mesi dopo aver terminato la lettura); in questo caso è stato un testa a testa fino al finale tra il duo composto dagli esilaranti sicari Croup e Vandemar, che ai nostalgici della Disney ricorderanno una versione meno amichevole di Gaspare e Orazio, ed il truffaldino Marchese de Carabas, autore di alcune tra le migliori citazioni del volume. La vittoria di quest'ultimo è stata però inevitabile: inizialmente presentato come un possibile antagonista per la sua passione quasi tremotiniana per gli accordi sempre convenienti solo per lui,

«[Il Marchese] sorrise, come un gatto a cui siano state affidate le chiavi di un istituto per canarini disobbedienti ma cicciottelli.»

il Marchese ottiene una crescita personale forse un po' oscurata da quella di Richard -che rimane pur sempre il protagonista- ma non per questo risulta meno forte sul lato emotivo. Tra l'altro, de Carabas mi ha ricordato parecchio una versione beta di Wednesday da "American Gods", così come altri personaggi hanno molto in comune con caratteri presenti in altri romanzi di Gaiman.
Oltre al cast, un personaggio vitale in questa storia è la città stessa di Londra, che per l'occasione trasforma i suoi luoghi più simbolici in giochi di parole letterali; in pratica l'intera Londra Sotto è composta da posti come la Corte del Conte (aka la stazione di Earl's Court), dove un vero nobile d'altri tempi governa circondato da paggi e giullari, o l'abazia dei Frati Neri (ossia l'area di Blackfriars). Ciò permette anche di dare forza al sistema magico di questo mondo, che di per sé è abbastanza blando e semplice.
E cosa dire dello stile di Gaiman? ricco di ironia e battute pungenti, quasi sempre inaspettate,

«"Ti piace il gatto?", chiese.
"Sì", rispose Richard. "Mi piacciono molto i gatti."
Anestesia parve sollevata. "Petto o coscia?"»

intrattiene il lettore e non permette per un attimo che il ritmo narrativo cali. Spesso scivola anche in un sarcasmo quasi gory, che però non inficia la lettura perché sempre controbilanciato da frasi più leggere; questo si nota bene negli scambi tra Croup e Vandemar,

«"Poi gli facero salire la mano su dalla gola e agitavo le dita all'interno. Strillano sempre", disse in confidenza "quando cadono le palle degli occhi."»

che all'apparenza tentato di spaventare il prossimo ma riescono invece a strappare un risata di cuore al lettore.

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