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Vel’aninov vs Pietroburgo
Nei romanzi del grande genio russo, ciò che colpisce più spesso è come l'influsso della città si determini sui comportamenti dei personaggi che popolano i suoi scritti.
In questa opera "minore" il protagonista, un quarantenne annoiato e sull'orlo di una crisi di nervi e inevitabilmente soggiogato dalla calda, opprimente, polverosa, irrespirabile aria della regina delle città russe: la meravigliosa Pietroburgo.
E' un rapporto di amore e odio, quello che lo scrittore ha sempre narrato, nei confronti della città, che non gli ha dato i natali (in quanto era nato a Mosca), ma che è stata la sua città prediletta e in cui ha ambientato i maggiori suoi capolavori.
In questa Pietroburgo estiva, dove la maggior parte delle persone hanno lasciato per rifugiarsi nelle località estive in cerca di refrigerio, il nostro protagonista vive forse uno dei momenti più bui della propria esistenza.
L'abilità senza pari del grande romanziere russo è come sempre quello di proiettarci in maniera violenta nella psiche dei personaggi di cui narra. E così come per incanto anche noi ci ritroviamo catapultati in questa città arsa dal sole, dove non spira aria e dove sembra che ogni cosa sia sul baratro della follia, con il protagonista Vel’?aninov, che arrivato ai quaranta anni, all'improvviso si rende conto che sfuggita per sempre la gioventù, non gli resta altro da fare se non rimpiangere i bei tempi andati in cui ogni sogno sembrava a portata di mano e dove il futuro era pieno di possibili strade da prendere.
L'eterno marito del titolo è una presa in giro dell'autore che indica una persona nata libera solo all'apparenza, ma il cui unico destino, appunto, è quello di essere succube e parassita di un essere più forte e spietato: la moglie. Una persona che perde la propria individualità per farsi piegare dai voleri della propria compagna. Un reietto il cui unico obiettivo della vita è stato appunto quello di essere un eterno marito, nato per questo ruolo e condannato infine a perirne.
E' un atto di accusa rivolto verso una società immobile, patetica, fatta di convenzioni sociali, cinica fino allo sfinimento, vittima della burocrazia, del tedio, della noia, data o dall'agiatezza economica o semplicemente dalla consapevolezza che alla fine la gioia tanto bramata durante la propria esistenza, non era altro che un effimera chimera.