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OLTRE IL PASSATO ATTRAVERSO IL PRESENTE
In un giorno di neve le storie di tre personaggi molto diversi tra loro si intrecciano e ne diventano una.
Tutto inizia quando Richard Bowmaster, un accademico sulla sessantina che vive una vita regolare e a dir poco noiosa, tampona l'auto guidata da Evelyn Ortega, una giovane immigrata clandestina del Guatemala.
E’ un semplice tamponamento niente di grave, ma la sera stessa Evelyn bussa alla sua porta disperata per chiedere aiuto, Richard impacciato nel gestire la situazione si rivolge a Lucia Maraz, la sua affittuaria cilena che lavora anch’essa come professoressa nella sua stessa università.
La comunicazione tra loro tre è difficile e anche improbabile, Richard e Lucia cercano di capire cosa terrorizza Evelyn che a stento riesce a dire una parola, finché con non pochi sforzi la giovane guatelmaltese rivela che nel bagagliaio dell’auto c’è un cadavere, il corpo di una giovane donna esanime avvolto in un tappeto. Di chi è il corpo della giovane donna? Chi è stato ad ammazzarla? Cosa fare in questa situazione? Denunciare tutto alla polizia sarà opportuno? Se sì quali saranno le conseguenze per Evelyn?
Fondamentalmente è con questa trama non molto originale ma “in qualche modo” plausibile, che passeremo attraverso le storie di ciascuno dei personaggi, nello stesso momento in cui cercheremo di scoprire cosa accadrà al cadavere.
Leggeremo come eventi passati, che pochi avrebbero la capacità di superare e sopportare, segnano il comportamento di ognuno di loro. Per Richard la sua attuale quotidianità tranquilla e monotona è il frutto della sua precedente vita e del suo precedente matrimonio; il silenzio misterioso di Evelyn appare più chiaro quando veniamo a scoprire delle torture subite in patria durante l'infanzia e la giovinezza e infine Lucia che, a sua volta, porta con sé la storia di coloro che hanno bisogno di andare in esilio per motivi politici perché si sentono stranieri nel loro stesso paese, Lucia questo personaggio “dal carattere stoico come la gente del suo paese, abituata a terremoti, inondazioni, tsunami e cataclismi politici; se in un arco di tempo ragionevole non si verificava nessuna disgrazia, si preoccupava.” Lucia che in qualche modo potrebbe impersonare l’autrice stessa, dovendo andare in esilio durante la sanguinosa dittatura che portò via suo fratello e la lasciò con la sensazione permanente di essere straniera nel suo paese.
Man mano che si svolge il romanzo è chiaro quanto le personalità e caratteristiche dei protagonisti siano dovute a ciò che hanno vissuto nel passato e come tutto questo passato influisca nelle decisioni prese in quel momento.
Se il fine ultimo del libro era parlare di questioni molto importanti come i diritti umani e la situazione degli immigrati e dei rifugiati allora l’obbiettivo è stato raggiunto, il ritorno alla memoria passata dei personaggi riesce a catturare l’attenzione del lettore e meno male che c’è perché invece l’evoluzione di tutta la storia risulta davvero poco convincente, la voglio chiamare la “storia superficiale”, l’evento che fa incontrare ed avanzare i personaggi nel romanzo è un bel pò carente e manca proprio di realismo.
Diciamo che questa storia un po’ zoppica, nulla a che vedere con il grande D’amore e ombra, La casa degli spiriti o Ritratto in Seppia, ad esclusione del tema di fondo che espone una questione specifica dell’esistenza umana ahimè sempre più attuale e sempre più affrontata attraverso dinamiche politiche e non di cuore, ecco è lì che rivedo la penna dell’ Allende quando con una pacata franchezza parla delle brutture che ha visto, che le hanno lasciato il segno ma che ora fanno parte del suo passato.