Dettagli Recensione
American Dirt
“E’ un ciclo, pensa Lydia. Ogni giorno un orrore nuovo, e quando finisce, subentra quel senso di distacco surreale. Una specie di incredulità verso quanto hanno appena sopportato. La mente ha i poteri magici. Gli esseri umani hanno i poteri magici.”
Sulla fascetta di accompagnamento a questo romanzo possiamo leggere queste parole di Stephen King: “Sfido chiunque a leggere le prime sette pagine di questo libro e a non finirlo”. Di solito non do molta importanza a questo tipo di frasi, che hanno senza dubbio lo scopo di fare pubblicità al libro e invogliare il lettore di turno a comprarlo. Ma in questo caso la frase è autentica.
Il romanzo si apre con un incipit folgorante: un bambino è in bagno a fare la pipì e per puro caso non viene colpito in testa da un proiettile che entra dalla finestra. Prima che riesca a capire cosa sta accadendo sua madre lo spinge nella doccia e i due si nascondono lì, mentre i sicari assoldati dal capo di un cartello di narcotrafficanti stanno sterminando tutta la loro famiglia.
Siamo ad Acapulco, in Messico. La vita di Lydia e Luca viene stravolta così, in un giorno di festa. Ma non c’è tempo per il lutto, non c’è tempo per la disperazione: Lydia sa chi è il mandante che ha fatto sterminare tutti i suoi cari, lei e suo figlio si sono salvati per caso. Adesso la sfida è sopravvivere, non farsi uccidere, fuggire.
Inizia così un viaggio che tiene il lettore con il fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina, il viaggio per raggiungere gli Stati Uniti, dove Lydia spera di poter essere finalmente al sicuro dalla violenza dei narcotrafficanti. Madre e figlio si ritrovano a compiere il percorso che molti migranti irregolari compiono quotidianamente: ciascuno spinto dalla propria personale motivazione dettata dalla disperazione, dall’impossibilità di trovare un’altra alternativa alla violenza e alla sopraffazione. Perché ogni essere umano vuole sopravvivere in fondo, malgrado la storia di dolore che si porta alle spalle, malgrado le infinite insidie che si nascondono nel viaggio stesso, che può facilmente diventare esso stesso origine di tribolazione e male senza fine. Ogni essere umano ha diritto a vivere in pace ed anche, possibilmente, ad un po’ di felicità.
"Il sale della terra" mi ha colpita molto perché l’autrice è riuscita benissimo a coniugare una scrittura coinvolgente, che non risulta mai pesante o noiosa ma che fa desiderare il prezioso momento della lettura, ad una notevole profondità dei temi trattati. Riesce a scavare senza risultare banale o stucchevole fra sentimenti ed emozioni, riesce a far commuovere e a far riflettere il lettore.
Ho letto che questo romanzo negli Stati Uniti è al centro di una polemica perché l’autrice è bianca (ha solo una nonna portoricana) e secondo alcuni intellettuali non doveva permettersi di scrivere riguardo agli immigrati messicani, che nel testo sono presenti degli stereotipi e che, invece di questo romanzo, si sarebbero dovuti pubblicizzare degli scritti di autori messicani. Mi sembra una discussione molto lontana dalla nostra realtà italiana. Il romanzo secondo me ha ottime caratteristiche per essere apprezzato: molto coinvolgente dal punto di vista della trama, riesce a far entrare il lettore in profonda empatia con i personaggi, racconta una storia realistica e ci fa riflettere di più su alcune questioni di attualità. E’ stato scritto senza dubbio per toccare alcuni tasti sensibili, per affrontare il tema dell’emigrazione e della violenza legata ai cartelli dei narcotrafficanti prevalentemente dal punto di vista emotivo. E’ stato scritto per avere successo, per essere letto con soddisfazione da molte persone. Sinceramente a me tutto questo non sembra un difetto: il romanzo mi è piaciuto tantissimo e lo consiglio a tutti.
Buona lettura.
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |