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L’eco dell’ innocenza violata
Norvegia, un ambiente famigliare all’ interno del quale tutto pare già definito, insinuando odio, dolore, sospetto. Se il presente ci mostra un’ eredità da suddividere in quattro, ingiustizia evidente e lotta intestina che ignora i sentimenti, la realtà vede Bergljot , la protagonista, recisi alcuni legami familiari, esporre la sua versione dei fatti e capovolgere un’ esistenza da anni votata all’ auto annientamento.
Due coppie di figli con comportamenti e trattamenti diversi, Bergljot e Bard, freddi e lontani, Astrid e Asa, affettuose e premurose, due genitori compromessi, ispirati da un certo narcisismo e da un’ ombra innominabile.
Il cuore del racconto, narrato in prima persona dalla protagonista, è un percorso di sofferenza a tratti incomprensibilmente caustico, ai limiti della sopportazione per ciò che sottende, un microcosmo accecante nella propria sequenza di ricatti emotivi.
Quale l’ oggettività e il punto di vista personale, dove sta la ragione, e gli sviluppi nel presente, quale futuro? In una dimensione confidenziale ricerchiamo una conferma che pare scontata, sempre che, guardandosi allo specchio, Bergljot non ...” veda una psicopatica “..., rigettando l’ accusa infamante.
Ecco frammenti di memoria, quando una bambina di cinque anni vide la propria vita distrutta. Aspetti caratteriali, relazioni sospette, inclinazioni personali, il presente un percorso psicanalitico con errori imperdonabili, violenze, menzogne, una coazione a ripetere e il tentativo di sfuggire al passato, rigettato e rigenerato, secondo meccanismi perfettamente oliati.
Di volta in volta le stesse sequenze, c’è chi che vorrebbe una riconciliazione con i genitori, c’è una madre invadente, vulnerabile, sofferente, ansiogena, due fratelli che non si parlano da vent’ anni, avvicinati da una rielaborazione condivisa, tre sorelle e un’ infanzia diversa, un padre amato di un amore di bambina e temuto da sempre, che evita i due figli più grandi, due amiche infelici innamorate di uomini sposati dai quali non riescono a staccarsi.
Bergljot ha un lavoro precario nel mondo letterario, tre figli, un marito buono e affabile da cui separarsi, nutre una grande passione per un professore sposato, conserva un’idea di ordine disordinato, una vita tenuta in piedi dalla routine fino all’ incontro brutale con la verità, dopo la morte del padre, che le lacera l’ esistenza.
Dall’esterno vediamo una famiglia armoniosa che riconosce solo due figli, un perdono impossibile senza l’ ammissione di colpa, due genitori vecchi, malati, vicini alla morte, vittime da compatire, e una figlia sana ma incredibilmente lontana, attanagliata dalla paura.
Forse il senso di normalita’ è una pazzia scaturita dalla disperazione, forse è giunto il momento di un nuovo equilibrio, di certo le vittime di abusi sovente li riproducono.
Nella solitudine condivisa con il proprio io e pochi altri si cerca di recuperare un senso di appartenenza, il pentimento altrui non può essere accolto se prima non vengono riconosciute la disperazione, il dolore e la rabbia della persona ferita.
...” non ero in grado di perdonare ne’ di gettare tutto nell’ oceano dell’ oblio. Perché non si trattava di episodi singoli, e neppure di un racconto finito, ma di una ricerca caparbia, uno scavo necessario pieno di cortocircuiti e tormenti involontari. E la presenza della mia infanzia perduta, l’eterno ritorno di quella perdita, era ciò che mi rendeva nitida e distinta a me stessa, una parte della mia esistenza che permeava persino il sentimento e la sensazione più piccoli che albergavano dentro di me “....
“ Eredità “ è un romanzo intimo, doloroso, crudo e crudele nella rappresentazione di una vita violata, un percorso di convivenza con un passato insaziabile che divora il presente e continua a parlare di se’.
Nel cuore di atmosfere nordiche caustiche ed essenziali, votate all’ indagine introspettiva , affrontiamo una resa dei conti inconciliabile, posizioni distorte, apparenze estenuanti che negano il dolore, accresciuto da un senso di perdita inestimabile ma oggi definente e parzialmente liberatorio, quando la propria cattiva coscienza sarà scomparsa per sempre.
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