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Strade
«Ma allora danzavano lungo le strade leggeri come piume, e io arrancavo loro appresso come ho fatto tutta la mia vita con la gente che m’interessa, perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali colo giallo che esplodono come ragni traverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno “Ooohhh!”»
Oggetto centrale dell’opera di Kerouac è il viaggio come fuga dalla quotidianità e da quella freneticità febbrile che caratterizza sempre più le nostre esistenze. Protagonista dell’opera, nonché portavoce della cd. “Beat generation” in perfetta contrapposizione con la cd. “Lost generation” propria di Hemingway e Fitzgerard, non è altro che Dean Moriarty, giovane dissoluto che attraversa da una costa all’altra l’America con una vasta molteplicità di coprotagonisti che si intervallano nell’arco della narrazione. Elemento costante in questa è dato da questa volontà di dissoluzione che si manifesta in una voglia continua di dimenticare la realtà per mezzo di serate e nottate in libertà da pensieri e responsabilità e in compagnia di avvenenti donne, sogni, illusioni, whisky, sigarette e marijuana per poi risvegliarsi al mattino con un incessante senso di inutilità. In questa ottica il viaggio da modalità di fuga dal lavoro e dall’esistenza vissuta, diventa la vita vera e finisce con l’assumere i connotati della non omologazione a quella società americana da cui gli eroi delineati rifuggono.
Tuttavia, per quanti meriti contenutivi possano essere riconosciuti all’opera, devo riconoscere di non esserne rimasta particolarmente colpita e di non essere riuscita a farmi travolgere da questa generazione che ho vissuto come molto lontana dalla mia prospettiva e dagli insegnamenti ricevuti. Ho trovato i protagonisti grotteschi, alla ricerca della “strada più facile” per la risoluzione dei problemi, alla ricerca di un qualcosa di spasmodico ma ignoto perfino a loro stessi e ho trovato forzata questa voglia di evasione basata sul trinomio alcol, sesso e sostanze stupefacenti. Ciò perché le voci presentate sono emblema di una generazione di uomini e donne eterni bambini e per questo totalmente refrattari all’assumersi qualsivoglia responsabilità. Una beat-itudine che lascia qualche perplessità.
Al tutto si somma uno stile narrativo caotico, poco evocativo, ridondante, scarno e caratterizzato da un alternarsi di periodo brevi ad altrettanti avvalorati da espressioni comuni del parlato che finiscono con il rendere disomogenea la narrazione e farraginosa la lettura.
Un elaborato che divide e che riesce a convincere soltanto in parte.
«Qual è la tua strada amico?... la strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell'arcobaleno, la strada dell'imbecille, qualsiasi strada. È una strada in tutte le direzioni per tutti gli uomini in tutti i modi.»
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Commenti
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È ripetitivo all'inverosimile, i personaggi in certi casi sembrano artificiosi, da manicomio, e non basta la loro appartenenza alla cosiddetta "Beat Generation" a dargli un tocco di autenticità.
Peccato...
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