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Le intermittenze della morte
 
Le intermittenze della morte 2020-05-12 23:07:42 aislinoreilly
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aislinoreilly Opinione inserita da aislinoreilly    13 Mag, 2020
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Il lato umano della morte

-ATTENZIONE SPOILER-

In una nazione ignota, in un tempo passato a noi sconosciuto, la morte smette di svolgere il suo temuto lavoro. L’unica cosa che sappiamo è che allo scattare della mezzanotte del 1° Gennaio, la gente smette di morire, solo lì. Al confine e nei Paesi circostanti le cose funzionano esattamente come sempre, niente sembra essere cambiato. Questo avvenimento provoca una catena di reazioni, a partire dalla cittadinanza che, euforica, scoppia in moti di patriottismo e festeggia la sua apparente salvezza. I problemi, però, non tardano ad arrivare: chi doveva morire ora si trova in un perenne limbo, gli anziani aumentano sempre di più, le compagnie d’assicurazione chiudono i battenti, le pompe funebri ripiegano sui funerali degli animali domestici. Anche la Chiesa sta attraversando un brutto momento, senza la morte non c’è resurrezione e non c’è salvezza eterna dell’anima. Nei sette mesi che seguiranno si instaurerà un labile equilibrio grazie alla scoperta che, non appena giunte oltre confine, le persone tornano a morire come sarebbe dovuto essere. Un giorno, però, il direttore della televisione riceve una strana lettera viola, la lettere scritta dalla morte stessa. Ella dà comunicazione del fatto che il giorno successivo tornerà ad operare come sempre, prendendosi le anime di tutti quelli che devono trovare la loro strada verso l’aldilà. La notizia devasta la nazione intera, ma non c’è molto da fare. L’unico compromesso che viene raggiunto è che ella dia comunicazione agli sfortunati, attraverso una missiva viola, del prossimo trapasso una settimana prima del triste avvenimento. La morte in cuor suo credeva di aver avuto una buona idea, in quel modo ognuno avrebbe potuto aggiustare le cose per poter morire serenamente. Chiaramente, conoscendo poco l’essere umano, sottovalutò le reazioni che furono tutt’altro che ponderate. Chi riceveva la tanto odiata lettera, non pensava di certo ai doveri! Ma una lettera non riusciva proprio a recapitarla, tornava sempre indietro misteriosamente. Così decise di verificare di persona chi fosse il fortunato che sarebbe già dovuto essere morto, ma continuava a vivere. Era un violinista, modesto, solitario e dedito alla musica. Lo spiò senza farsi vedere, poi decise di consegnargli la lettera personalmente, ma in “veste ufficiale”. Si presentò al violinista sotto forma di una bellissima donna, provocando il suo inevitabile interesse. Ma la vicinanza agli esseri umani la influenza e la rende più umana a sua volta: proverà finalmente cosa sia l’amore e rinuncerà al suo ruolo per restare al fianco del musicista.

José de Sousa Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998, dà al Mondo questo splendido romanzo nel 2005. Nel contenuto e nella forma si riconosce perfettamente lo stile narrativo di Saramago. Un esempio è la quasi totale mancanza di punteggiatura, la poca che troviamo viene inserita in modo singolare e anticonvenzionale. I dialoghi non sono “contrassegnati”, si alternano all’interno della narrazione stessa, creando un flusso di coscienza quasi ininterrotto. Si è sempre dichiarato ateo e il suo scarso apprezzamento per la Chiesa si percepisce abbastanza facilmente. La morte serve, soprattutto per incutere timore e ottenere devozione dai fedeli. Senza morte, non c’è nemmeno un giudizio finale, e la distanza fra Dio e l’uomo aumenta inesorabilmente. La Chiesa non è felice per la guadagnata immortalità perché perde l’appoggio dei suoi fedeli. Ma Saramago ci tiene a precisare che il romanzo non vada visto come una riflessione filosofica sulla vita e sulla morte, quello che viene narrato è solo una situazione assurda narrata con tono ironico e sarcastico. Non mancano nemmeno le critiche alla politica che arriva addirittura a patteggiare con la Maphia (chi leggerà capirà). Insomma, in questo libro c’è veramente di tutto. La cosa bella è che non c’è confusione e disorganizzazione, tutto fila liscio dalla prima pagina all’ultima. La morte è la vera protagonista, tutto quello che accade prima della sua entrata in scena è solo un contorno, non ci sono eroi, tutti sbagliano e tutti vengono giudicati dall’autore stesso attraverso la sua voce narrante. La morte di Saramago è una creatura ultraterrena scheletrica, riservata e donna. Ha sempre svolto il suo lavoro uccidendo gli esseri umani, ma solo grazie al violinista si rende conto di non averli mai realmente conosciuti. Non sono solo involucri di carne che hanno una scadenza che lei deve fargli rispettare, sono un Mondo affascinante che non ha ancora esplorato. Così, come un bambino curioso che scopre ciò che lo circonda, la morte scopre la vita. Se non è poesia questa, ditemelo voi.

Inutile dire che è un libro che si legge da solo, a parte il “trauma” iniziale del peculiare stile narrativo di Saramago, si fa presto ad abituarcisi e ad apprezzarlo. La storia, poi, è bella e originale, travolge e stuzzica l’immaginazione. È un romanzo che consiglio un po’ a tutti, ma solo se disposti a leggerlo tutto d’un fiato perché è un po’ complesso da seguire in una lettura frammentaria. Consiglio e straconsiglio.
Buona lettura!

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Commenti

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Ciao, ho letto con piacere la tua recensione che condivido. Al momento resta il mio libro preferito di Saramago, più ancora di Cecità.
Ti ringrazio molto per aver letto e commentato, sono un po' prolissa, ma che ci devo fare... Mi piace scrivere!
Io son sincera, è il primo di Saramago che leggo, ma visto il personaggio e lo stile che ha aggiungerò presto alla mia collezione qualche altra sua opera!
Anche per me è stato il primo, è seguito Cecità e L'uomo duplicato. Avevo provato anche con Vangelo secondo Gesù ma lo abbandonai si vede che non era il momento per me.
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