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Il pentimento e il perdono
Le ambizioni di indipendenza di un popolo che si scontrano con i concetti di unità nazionale e di ordine costituito, la violenza di chi crede di poter raggiungere i suoi obiettivi politici versando sangue e quella di uno Stato centrale che fa fronte al terrorismo con altra violenza, con torture, con una feroce repressione. Ma anche l'idea di famiglia come fulcro dell'esistenza umana, nel bene e nel male, sia che la si veda come rifugio, appoggio, luogo di comprensione, sia come prigione dalla quale scappare senza però poter dimenticare il sangue, i legami, gli affetti. Siamo nella provincia basca di San Sebastian e conosciamo due nuclei familiari legati da una profonda amicizia. I capi famiglia sono Txato, imprenditore nel campo dei trasporti, e Joxian, operaio in una fonderia, accomunati dalla passione per il ciclismo, per le carte e per il vino. Le rispettive mogli, Bittori e Miren, sono inseparabili. I figli, Xabier e Nerea da una parte, Arantxa, Joxe Mari e Gorka dall'altra, crescono insieme come se fossero figli degli stessi genitori. Le loro vite sembrano scorrere tranquille, ma il Txato comincia a ricevere dall'ETA continue minacce e richieste di estorsione. Dall'altra parte Joxe Mari si avvicina sempre più all'organizzazione terroristica indipendentista. Inevitabilmente la situazione tra le due famiglie si fa pesante e anni di amicizia, affetti e condivisione vengono messi da parte. La violenza entra nelle loro esistenze, rende ciechi, non fa più distinzione tra amici e nemici, tra nazionalisti e indipendentisti, e anche chi si è sempre tenuto alla larga da questi giochi politici, anche chi ha sangue basco nelle vene e parla Euskara, può morire come un traditore. Una lunga epopea famigliare che racconta spaccati di storia recente troppo spesso taciuta, con uno stile semplice ma incalzante, con una forte caratterizzazione dei personaggi che permette una buona introspezione, con il distacco del semplice cronista che non dà giudizi ma si limita a raccontare, proponendo però la visione dello stesso evento da più prospettive. Questo, se da un lato porta ad un lieve eccesso di ripetizioni, dall'altro permette di immedesimarsi sia nelle vittime, sia nei carnefici, sia in chi si limita a osservare passivamente gli eventi. Fernando Aramburu, pur restando una neutrale voce narrante, non risparmia stilettate a nessuno. Al terrorismo, seminatore di sangue e di odio, alle forze dell'ordine, violente, arroganti, torturatrici, alle istituzioni religiose, troppo spesso in silenziosa combutta con gli uni o con gli altri, comunque lontane dal loro vero scopo. Agli stessi genitori, troppo impegnati in altro per accorgersi delle cattive pieghe che prendono i figli. All'ignoranza, alla mancanza di cultura, terreno fin troppo fertile per fare attecchire negli animi delle persone il seme dell'avversione, della ferocia, del conflitto. Ma Patria è anche qualcosa in più. È anche ironia, è Bittori che disquisisce con le stoviglie o Miren che redarguisce Sant'Ignazio come farebbe con suo figlio. È anche amore, con le storie tormentate di Nerea, Xabier e Arantxa. È salvezza, quella di Gorka, raggiunta attraverso la cultura. Soprattutto, Patria, è la celebrazione di due sentimenti che per l'essere umano sono sempre stati e continuano ad essere tra i più difficili da provare e da esternare: il pentimento ed il perdono. "Però un uomo può essere una nave. Un uomo può essere una nave con lo scafo d’acciaio. Poi passano gli anni e si formano delle incrinature. Di lì passa l’acqua della nostalgia, contaminata di solitudine, e l’acqua della consapevolezza di essersi sbagliato e di non poter rimediare all’errore, e quell’acqua che corrode tanto, quella del pentimento che si sente e non si dice per paura, per vergogna, per non fare brutta figura con i compagni. E così l’uomo, ormai nave incrinata, andrà a picco da un momento all’altro".
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Libro di cui tutti parlano bene; ma , non so perché, la vicenda narrata non riesce a incuriosirmi ; poi, ci sono tanti libri che vorrei leggere...