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Ghiaccio nove
 
Ghiaccio nove 2020-05-11 09:39:57 Valerio91
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    11 Mag, 2020
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Comico, triste e dissacrante.

Ci sono autori che hanno uno stile unico e inconfondibile; che hanno un modo del tutto originale per trattare temi universali e portarli all'attenzione del lettore in salse nuove.
Uno di questi autori è Kurt Vonnegut.
Questi autori, tuttavia, in molti casi o si amano o si odiano, e spesso chi li ama può riscontrare una certa difficoltà nel difenderli senza mai tirare in ballo il proprio gusto personale. Sì, perché non si può certo dire che le opere di Vonnegut siano prive di elementi particolari, surreali, a volte folli o anche privi d'ogni senso. Questo può renderli soggetti ad attacchi spietati volti a sminuirne il valore. Tuttavia , per come la vedo io, questo è l’aspetto più caratteristico di Vonnegut; il modo particolare che aveva per porre l'accento sulle assurdità della vita e dell'uomo. Prendete dunque l'autore per quello che è: un uomo che indaga le controversie degli uomini con un'ironia amara e folle al tempo stesso; capace di indurre a sorrisi dei quali, in certi casi, ci si pente dopo pochi attimi.
Detto questo, dico che ho apprezzato molto "Ghiaccio Nove", così come a suo tempo apprezzai "Perle ai porci”, che pur essendo molto diversi mi hanno lasciato nella testa una forte sensazione di affinità, come se li ritenessi strettamente legati pur non avendo alcun punto di contatto se non, ovviamente, la mente che li ha partoriti. Mentre “Perle ai porci” si concentrava sulle disparità economico-sociali che affliggono l’uomo (quasi) da quando è al mondo, in “Ghiaccio Nove" Kurt Vonnegut sposta l’attenzione a temi più lontani dall'ambito materiale e fisico, verso un contesto più "spirituale”. Al centro di questo romanzo infatti, oltre all'onnipresente spauracchio di un’estinzione di massa che, a causa delle sue esperienze pregresse, è sempre fulcro dei pensieri dell'autore, c'è il rapporto Uomo-Dio e la miserevole condizione umana spesso mascherata da euforia e grida che non sono altro che un modo per nascondere la possibile insensatezza del tutto; una barbara finzione. Non sfugge infatti la profonda amarezza di cui è pregno un romanzo che, pur parendo comico quasi in ogni pagina, ci trasmette la costante convinzione di non essere tale.
Raccattando la storia di un fantomatico padre della bomba atomica, il protagonista intraprenderà un viaggio nelle contraddizioni umane, nella falsità spesso insita nella religione, fino a un epilogo che, pur essendo fantasioso, pare quasi inevitabile.
L'ultimo paragrafo del romanzo ne rappresenta alla perfezione l'anima: triste, comico e dissacrante allo tempo stesso.

“«Guardati dall’uomo che lavora sodo per imparare qualcosa, e una volta che l’ha imparato, non diventa più saggio di prima», ci dice Bokonon. «Egli nutre un risentimento omicida per la gente ignorante che non ha dovuto faticare per la propria ignoranza.»”

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Commenti

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Valerio, si dice "gusti personali" spesso per una sorta di gentilezza, perché i libri validi si riconoscono dai libri 'brutti', eccome.
Eppure, anche tra i libri di qualità, il 'gusto personale' ha un suo ruolo. Io, per esempio prediligo scritture lievi e profonde. Non amo i testi nichilisti e/o particolarmente violenti. La volgarità mi annoia e deprime anche esteticamente, poi la trovo insopportabile come cedimento linguistico al convenzionale e al neo-conformismo.
Detto questo, provo qualche interesse per l'autore, ma l'idea di insinuarmi tra pagine particolarmente dolorose spesso mi fa optare per altri scrittori.
Ciao Emilio,
credo che l'ironia di Vonnegut stemperi efficacemente i temi da lui trattati; anzi, mi sentirei di consigliarti la lettura di "Perle ai porci" o anche di questo romanzo, se preferisci. Non c'è violenza o volgarità, è solo un po' strampalato, ma in questo sta l'unicità dell'autore :D
Grazie, Valerio.
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