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Uomini e cose
Possedere, conservare, accumulare, collezionare. La passione per gli oggetti può diventare una ragione di vita, surrogato di un rapporto che non c’è più o di contatti che non si è mai riusciti a instaurare. Ma è un amore che distrugge o salva?
Questa è la storia di un uomo, il barone Utz, che, nella grigia e claustrofobica Praga sovietica, ha consacrato la propria vita alla porcellana di Meissen. Arlecchini e Colombine, soprani e rinoceronti, solo tra quelle centinaia di delicate figurine, stipate sugli scaffali in file di sei, Utz sorride e danza. Rappresentano la sua gioia, la sua ossessione; e le sue catene. Perché un uomo della sua condizione potrebbe scappare una volta per tutte in Occidente e cominciare una nuova vita all’estero, lontano dal regime, dai soprusi, dalle prepotenze. Se solo fosse in grado di lasciare la sua collezione...
L’attaccamento ai beni materiali può diventare una gabbia che impedisce di guardare oltre, di respirare aria di libertà, di nutrire sentimenti veri, persino, perché in fondo “tutto era meglio che essere amati per le proprie cose”. Eppure, a ben guardare, è solo grazie alle sue statuine se Utz si è salvato dalla storia. Versare il caffè di cicoria in una fragile tazzina di Sévres o la brodaglia di patate in una fine zuppiera decorata sono piccoli atti di eleganza, e di ribellione, per non arrendersi all’oppressione del nazismo, prima, e del comunismo, poi. La porcellana, come per gli alchimisti del Settecento, è diventata una sostanza “magica e talismanica”, capace di preservare una scintilla di bellezza, grazia, amore dagli orrori del presente. Così come la letteratura, perché in fondo scrittori e lettori non sono collezionisti di storie?
Partendo dal rapporto di un uomo con le cose, Chatwin sviluppa un romanzo a più strati in cui fa rivivere le malinconiche atmosfere della misteriosa Praga, sfoggia erudite dissertazioni sull’origine della porcellana, si domanda se l’eroismo della protesta non possa albergare il proprio germe nel silenzio, mentre “la tirannia allestisce da sé la propria camera riverberante”. E sapere che la storia si ispira a un personaggio realmente esistito - incontrato da Chatwin quando lavorava per la prestigiosa casa d'aste londinese Sotheby's - , non può che aggiungere un pizzico di fascino a questo interessante e raffinato racconto.
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Un caro saluto,
Manuela
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