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Io che ero una così brava persona
Hai una vita soddisfacente, un lavoro rispettabile, un bell'appartamento arredato con mobili ricercati, una bella automobile, un frigo senza cibo ma ricco dei più sofisticati condimenti. Eppure senti che nella tua vita continua a mancare qualcosa e questa lacuna ti toglie il sonno. L'insonnia incessante ti mette in una condizione in cui non sei mai veramente addormentato ma, di contro, non sei mai completamente sveglio. Il medico ti dice che d'insonnia non è mai morto nessuno, che se vuoi vedere gente che sta veramente male dovresti andare al gruppo di sostegno per uomini operati di cancro ai testicoli, piuttosto che di malati di tubercolosi o di leucemia. Tu lo prendi in parola e ci vai e in effetti ne trai giovamento. Quei racconti, quel dolore, quelle lacrime, ti aiutano. Nel buio della sala, abbracciato ad uno sconosciuto, ti rendi conto che tutto ciò che hai fatto o farai non ti porterà a niente, che ciò che hai è solo inutile spazzatura, materia inerte che non riesce a riempire nessun vuoto. Quando rientri a casa non dormi ma ci sei molto vicino, è ciò che di più simile al sonno ti possa capitare. Poi arriva lei, Maria Singer, anche lei sana, anche lei imbrogliona, abusiva in questi gruppi di sostegno. Ricomincia l'insonnia, la sua presenza ti destabilizza. Poi arriva Tyler Durden. Per fortuna arriva Tyler Durden. Purtroppo arriva Tyler Durden. Tyler Durden, il proiezionista iscritto al sindacato, che infila fotogrammi pornografici nelle bobine dei film per famiglie. Il cameriere guerrigliero che condisce i raffinati cibi delle persone benestanti con urina, flautolenze, starnuti. Il produttore di saponette che usa come materia prima il grasso estratto dalle liposuzioni, rivendendo alle signore ricche ciò che hanno pagato per farsi togliere. È Tayler Durden che ti ospita nella sua casa sgangherata quando il tuo appartamento esplode. È lui che ti apre gli occhi, che fomenta il tuo odio di classe, che ti libera dall'inutile legame con i beni materiali, che ti aiuta a distruggerti per elevare il tuo spirito, che ti insegna a costruire una bomba con benzina, succo d'arancia e segatura. Tyler Durden è pieno di informazioni utili, molte delle cose che sai le conosci perché le conosce lui. È lui ad insegnarti che la risposta ai tuoi dubbi, alle tue insicurezze, alle tue domande non sta nell'automiglioramento ma nell'autodistruzione. Siete ormai culo e camicia. Insieme fondate il primo fight club. "Prima regola del fight club: non si parla mai del fight club. Seconda regola del fight club: non si parla mai del fight club. Terza regola del fight club: quando qualcuno dice basta o non reagisce più, anche se sta solo facendo finta, il combattimento è finito. Solo due per ogni combattimento. Un combattimento per volta. Si combatte senza camicia e senza scarpe. Il combattimento dura per il tempo che stabiliscono loro. Queste sono le altre regole del fight club". Uomini frustrati che si riuniscono nello scantinato di un bar per lottare. Ma non si lotta contro l'avversario che si ha di fronte. Si lotta contro il proprio lavoro, contro la società, contro un padre che ogni sei anni cambia famiglia ed apre una nuova filiale. Si lotta, soprattutto contro se stessi. Quando si entra nel fight club non si è più la stessa persona. Il mondo reale viene chiuso fuori. Non importa vincere. Non importa perdere. Sei vivo solo quando combatti. Continui a sentirti vivo solo quando passi la lingua sui tagli del tuo labbro, la mano sulle ferite del tuo volto, quando riesci a far dondolare i denti nella tua bocca, quando senti le tue nocche tutte indolenzite e screpolate. Quando neanche questo ti basta più, crei il tuo esercito di scimmie spaziali, crei il Comitato Scherzi, il Comitato Incendiario, il Progetto Caos. Semini il panico in città, destabilizzi, guasti. Vuoi bruciare il Louvre. Vuoi spaccare gli Elgin Marbles a colpi di martello. Vuoi pulirti il culo con la Gioconda. Ogni giorno ti avvicini di più al fondo, perché solo dopo aver toccato il fondo puoi essere redento, solo se precipiti completamente puoi essere salvato. Perché attirare l'attenzione di Dio per essere stato cattivo è sempre meglio che non fare male a nessuno e restargli del tutto indifferente. Allucinato come Burroughs, anticonformista come Miller, cupo come Celine, sprezzante come Bukowski, Chuk Palahniuk ci trascina con la forza di un vortice nella delirante deriva di un uomo comune alle prese con una quotidianità in cui il conformismo, la banalità, l'attaccamento ai beni materiali vengono percepiti come il rimedio al malessere interiore che ognuno di noi si porta dentro, essendone invece la causa. Privi della forza di riscattarci da soli dal nauseabondo olezzo della società in cui ci troviamo a sguazzare, cerchiamo tutti, chi più chi meno, chi in un modo chi nell'altro, il nostro Tyler Durden, quella figura capace di tirarci fuori dal senso di frustrazione, di disagio, di disadattamento che aumenta di giorno in giorno, l'alter ego capace di fare ciò che non abbiamo la forza di fare, dire ciò che non abbiamo il coraggio di dire, vivere quella vita che vorremmo vivere ma che non viviamo perché siamo intrappolati dai doveri, dalle convenzioni, dal desiderio di possedere inutili cianfrusaglie di cui non abbiamo alcun bisogno, perché ci sentiamo in dovere di essere delle così brave persone. “Tu non sei i soldi che hai in banca. Non sei il tuo lavoro. Non sei la tua famiglia e non sei quello che dici di essere a te stesso. Tu non sei il tuo nome. Tu non sei i tuoi problemi. Tu non sei la tua età. Tu non sei le tue speranze. Tu non sarai salvato. Tutti noi moriremo, un giorno o l'altro.”
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