Dettagli Recensione
Le vitali paure
Alexandra e Ned Ludd sono sposati e hanno un figlio: lei è un’attrice la cui carriera sembra percorrere la strada del successo, lavora a Londra e possiede insieme al marito un cottage in una piccola cittadina. Lui, critico d’arte, viene trovato morto nel suo cottage durante la notte, da un’amica di Alexandra, nonché vicina di casa.
Ciò che rende interessante la storia è che non finisce mai di stupire, ma insieme porta con se una quantità d’angoscia stranamente piacevole. Alexandra non è la protagonista di un giallo, ma ciò che verrà a sapere della morte del marito non fa altro che insospettirla di più. Le poche persone di cui si fidava si rivelano poco affidabili, le poche certezze crollano, come anche la sua considerazione verso chiunque. Le peggiori paure che incombono dopo la morte di una persona che si ha amata, ma che effettivamente, come ci tiene a puntualizzare spesso Alexandra, è morta, non esiste più.
E lei lo amava. E lei credeva a tante, tutte le cose.
Ciò che la donna affronta nel romanzo non è strettamente una “presa di coscienza” della morte del marito, e quindi il senso di smarrimento, quella sensazione di perdita, di destabilizzazione, ma anche tutto ciò di cui una donna soffre in società come la nostra, senza andare troppo lontano e senza parlar di fantascienza, per intenderci.
Consiglio questa lettura perché le peggiori paure esistono e lasciano grosse cicatrici. Probabilmente in questo libro non troverete delle risposte, piuttosto capirete che avere paura è lecito, a volte vitale.
(Inoltre volevo aggiungere una piccola opinione riguardo allo stile narrativo: ironico, preciso, a volte crudo ma che lascia ragionare. L'ho apprezzato molto e questo credo mi spingerà a leggere altri suoi libri).