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Chi si nasconde dietro la storia
Ricordo quando, circa un anno fa, studiai la seconda guerra mondiale e l’invasione tedesca in Francia tra i banchi di scuola e, solo ora, leggendo questo libro, mi rendo conto di come mi limitai a memorizzare date e eventi di quel periodo, cercando di collegare fatti ed individuandone le cause e dimenticandomi, in ogni mio ragionamento, del fatto che dietro a quegli eventi vi erano delle persone, delle persone che soffrivano, che erano ignare del futuro e non bastava loro girare qualche pagina come noi, per sapere quando e se quella terribile guerra sarebbe finita.
Invece, la lettura di Suite francese, ha saputo farmi sentire ciò da cui il nostro studio della storia spesso prescinde: le paure, i tremori, le ansie e le speranza di quegli uomini così lontani e così simili a noi, travolte dal turbine inarrestabile della Storia.
Irène aveva in mente un grande progetto, cinque libri per un totale di mille pagine, di cui solo due ebbero il tempo di fiorire dal suo animo che presagiva la fine, ma non poteva smettere di raccontare, unico diletto in una vita di ansie.
Così, il primo libro ci porta nelle case di tre famiglie francesi e ci accompagna nel loro disperato viaggio alla ricerca di un rifugio, lontano dai bombardamenti tedeschi: i Péricant, i Michaud e i Corte. Saltando da una storia all’altra, Irène analizza ogni reazione alla catastrofe: dal tenero egoismo di una madre che vorrebbe soltanto salvare la sua famiglia, all’eroismo di un ragazzo che riscopre la guerra da dimostrazione di coraggio a spettacolo di miseria e desolazione, al cinismo di un anziano signore che vorrebbe soltanto trascorrere i suoi ultimi anni in pace.
Nel secondo libro, invece, ci ritroviamo in una piccola cittadina fuori Parigi, dove i tedeschi irrompono stabilendosi nelle case dei francesi e invadendo piccoli nidi di dispute e tenerezze familiari. E da questo incontro, c’è chi non può che odiare con tutte le sue forze quei nemici per rispetto dei propri cari combattenti e chi invece, incredulo, ritrova la sua medesima umanità negli occhi di quello che dovrebbe essere il nemico e che, invece, non è che un sofferente a sua volta poiché come dice Brecht in una sua poesia “Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente” perché nella guerra, aggiungo io, non ci sono vincitori o vinti, solo sofferenti.