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Furore 2020-04-19 10:21:47 leogaro
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leogaro Opinione inserita da leogaro    19 Aprile, 2020
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L'odissea dei Joad

Steinbeck prese spunto da articoli di giornale del 1936 che parlavano di centinaia di migliaia di migranti che, abbandonato il Midwest, raggiungevano la California: le loro fattorie, non più redditizie dopo che le tempeste di polvere ne avevano gravemente eroso il suolo, erano state espropriate dalle banche. La storia si divide in tre parti, come il biblico Esodo: prima la siccità vista come la schiavitù, poi il viaggio, infine la lotta per stabilirsi nei nuovi luoghi.

Oklahoma, Stati Uniti, 1936 circa. Le piogge primaverili accelerano la crescita del grano ma, con la successiva siccità e il forte vento, la terra diventa così arida da sollevare polvere ad ogni movimento. Finita la polverosa siccità, il grano è totalmente rovinato. Tom Joad, rilasciato dopo aver scontato 4 anni di carcere per omicidio colposo, sta tornando a casa quando incontra l’ex predicatore Casy, col quale attraversa terre desolate dall'aridità, intuendo l’incombente miseria. Dopo anni di scarsi guadagni, i proprietari terrieri, costretti dalle banche, sfrattano i braccianti dalle loro terre, sostituendoli con più efficienti trattori. Dopo aver letto un volantino in cui si cercano braccianti in California prospettando buoni guadagni, la famiglia decide di abbandonare l'Oklahoma per tentare la fortuna all'Ovest.
A bordo di uno scassato autocarro, comprato da commercianti speculatori, inizia un viaggio verso la California attraverso la Route 66. A partire sono tre generazioni di Joad: oltre ai nonni, ci sono Pa’ e Ma’, il bizzarro primogenito Noah, poi Tom, l’esuberante Al, la giovane Rosasharn incinta e il marito Connie, i piccoli Ruthie e Winfield. Con loro, anche lo zio John e il meditativo Casy. I guasti al camion sono marginali, ma i pochi pezzi di ricambio necessari vengono pagati cari ai rivenditori, che speculano sui prezzi. Durante il lungo ed estenuante viaggio, i Joad incontrano altre famiglie di emigranti tra cui i Wilson, con cui scatta reciproca solidarietà. Una notte, Nonno si sente male e muore ma, non avendo soldi per il funerale, i Joad decidono di seppellirlo sul posto. Proseguendo il viaggio, si incontrano migranti che tornano dalla California, descrivendo la miseria e il clima ostile che hanno trovato lì. I Joad e i Wilson arrivano in Arizona e si accampano vicino ad un ruscello, dove conoscono altri emigranti che ritornano ad Est perché non hanno trovato lavoro. Noah decide di non proseguire il viaggio e fermarsi a vivere di espedienti lì vicino al fiume. Inizia la disgregazione familiare, che Ma’ argina con veemenza. Durante la traversata del deserto, muore anche la Nonna.
Giunti infine in California, la felicità dura poco. La terra è tanta e fertile, ma i braccianti vivono stipati in baraccopoli e con bassi salari per l’eccesso di uomini disposti a lavorare sottopagati. I Joad finiscono in un accampamento di disperati, da cui Connie fugge. La gente dell’Ovest è in fermento: teme l’invasione dei disperati, ritenuti ladri e sobillatori: una notte, i Joad fanno appena in tempo a scappare mentre il campo viene attaccato e dato alle fiamme. Va meglio nel campo governativo di Weedpatch, autogestito da un comitato di migranti: il clima è solidale, le regole vengono rispettate da tutti, ma la polizia osteggia questo campo, ritenuto esempio di vita comunista: così, provoca i migranti di continuo, per indurli ad andarsene. Tom trova lavoro come spalatore, ma il suo salario non basta. Così, i Joad si spostano alla fattoria Hooper per raccogliere pesche: appena arrivati, vedono dei braccianti in sciopero per l’improvviso ribasso delle paghe. Una sera la polizia interviene per disperdere gli scioperanti: gli eventi precipitano, i Joad sono costretti a separarsi e le loro vite prenderanno una piega imprevista.

Nel libro, l'odissea dei Joad è un affresco memorabile del sogno americano, i personaggi sono ben caratterizzati, i temi trattati sono molteplici e rendono uno spaccato realistico, a volte impietoso, della realtà, in una lettura sempre piacevole. E, dopotutto, s'intravede sempre il sole, in fondo al tunnel. Un capolavoro.

Moltissime le possibili citazioni: “Non si può essere proprietari se non si è indifferenti” – “La banca è più degli uomini. È il mostro. Gli uomini la creano, ma non possono controllarla” – “Come sapremo di essere noi senza il nostro passato?” – “Terribile è il tempo in cui l’uomo non voglia soffrire e morire per un’idea” – “Se gli serve un milione di acri per sentirsi ricco, gli serve perché è molto povero dentro. E se è povero dentro, nessun milione da acri può farlo sentire ricco” – “Quando sei giovane, tutto quello che ti capita se ne sta per conto suo… poi un giorno si cambia, una morte è un pezzo di tutte le morti, una nascita è un pezzo di tutte le nascite… allora le cose non stanno più da sole. E un male non fa più tanto male, perché non è più un male che se ne sta da solo” – “Il confine tra fame e rabbia è un confine sottile” – “Gli uomini la vita la portano dentro la testa … noi donne, la vita ce la portiamo sulle braccia” – “Quando stai male o nei ne guai, va dalla povera gente. Soltanto loro ti danno una mano” – “C’era un tempo che avevamo la terra. Era la cosa che ci teneva insieme” – “Per l’uomo la vita è fatta a salti: se nasce tuo figlio e muore tuo padre, è un salto; per una donna è tutto come un fiume, che ogni tanto c’è un mulinello, una secca, ma l’acqua continua a scorrere.”

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Gran parte della storia lo hai raccontata tu in pratica. Personalmente non ho trovato che le loro vite prendano una piega imprevista, tendenzialmente sono soggette a oppressioni sempre più gravi fino al culmine che, più che luce in fondo al tunnel io l'ho interpretata come la luce di un treno in arrivo. Concordo con la tua massima valutazione del libro.
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