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C'era una volta l'America
E’ proprio il mio respiro che tace, mentre tutto il resto continua a vivere avvolto da questo cielo blu.
Non che ci sia alcun ostacolo alla normale ventilazione, solo sono così, mezza strada tra Inspiro o non Inspiro? Incapace di decidere non faccio alcunché, come se il tempo si fosse bloccato.
Come se l’oscillazione della margherita in altalena col vento si fermasse innaturalmente a quarantacinque gradi, come se quel giovane merlo stazionasse immobile a due metri da terra col ricco bottino nel becco giallo.
Ho appena letto l’ultima riga di Uomini e topi e forse è meglio che mi riscuota da questo strano torpore, che torni a respirare e che tutto ricominci a fluire.
Breve ed intenso romanzo di penna scorrevole, la scrittura semplice non e’ formalmente elaborata, eppure che potenza e che empatia e che realismo Steinbeck in questo splendido affresco americano in cui l’amicizia diviene fratellanza e la fratellanza sprofonda tra le sabbie mobili, tragedia dell’ultimo gesto di un amore delicato e viscerale.
Sono due braccianti stagionali George e Lennie, il loro sogno è lì, a portata di ognuno di loro.
Io pure riesco a sfiorarlo questo desiderio che si sta avverando, come gli altri disperati che chiedono un angolo e si aggrappano alla scia di una cometa che scivola lentamente a sfiorargli le dita.
Basterebbe stringere la mano e spedire una lettera, aggrapparsi a lei con quel sorriso ebete, con quel moncherino al polso, con quella vecchia schiena curva dalla pelle nera, con quei quattrocento dollari sudati per una vita intera.
Basterebbe, ma forse sarà l’eclissi, stanotte.
Bellissimo, mi ha ridotta a una felice creatura triste e afona, a lungo.
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