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Cercando un nuovo inizio
Si leggerà di più dopo il Coronavirus? Di certo in questi giorni la resistenza alla paura passa anche attraverso i libri. Non solo perché leggere un romanzo è come fare un viaggio (e in questi tempi di reclusione ne abbiamo bisogno), ma anche perché immergerci nelle narrazioni, per quanto si tratti di opere di fantasia, ci aiuta a scorgere un senso nelle situazioni reali che viviamo. Soprattutto se si tratta di storie che lasciano intravedere la possibilità di una salvezza, pur attraversando l’inferno che tante volte gli esseri umano riescono a realizzare qui sulla terra.
A questo riguardo La vita gioca con me, ultimo libro di David Grossman, autore israeliano tradotto in tutto il mondo, può essere un buon compagno di strada in queste settimane.
La vicenda si svolge in parte in un Kibbutz nello Stato di Israele e in parte nell’ex Iugoslavia. Quattro i protagonisti. Anzitutto Ghili, che è anche la narratrice della storia. Donna che ha già superato i trent’anni, fragilissima e allo stesso tempo ironica e attaccata alla vita, decide di girare un documentario sulla vita avventurosa della nonna novantenne Vera, attorno alle cui vicende si svolge l’intero romanzo. Vera, donna di una forza e un carisma fuori dal comune, in giovinezza pur di non tradire l’amatissimo marito aveva accettato di essere internata in un campo di rieducazione nell’isola di Goli Otok al tempo del dittatore Tito. Il che aveva comportato l’abbandono della figlia Nina, la madre di Ghili. Nina, che viene allevata da alcuni zii che non le vogliono bene, non supererà mai questo trauma che di fatto segnerà la sua vita, rendendola una donna perennemente sull’orlo dell’autodistruzione. Si tratta del personaggio più imprevedibile e commovente del romanzo. Anche Nina, diventata adulta, abbandonerà la figlia Ghili, che verrà cresciuta dal padre, Rafael, noto regista cinematografico. Quest’ultimo possiede, a suo dire, un dono unico al mondo: saper amare Nina, oltre ogni ragionevolezza, nonostante in lei ci sia ben poco di amabile.
In un’epoca in cui acclamati scrittori hanno descritto nei loro romanzi la falsità e l’opportunismo che si annida nei rapporti sociali che viviamo (si pensi al grande Philip Roth, ebreo come Grossman), compresi i rapporti familiari, ci sono altrettanto grandi scrittori contemporanei (una su tutti, Marylinne Robinson) capaci di raccontarci storie di caduta e di redenzione, una redenzione che passa necessariamente attraverso relazioni umane rinnovate perché toccate dalla grazia. David Grossman fa parte di questa categoria di scrittori, e fa certamente bene leggerlo in tempi in cui tutti noi siamo alla ricerca di un nuovo inizio.
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