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L'inverno dentro
Titì è morto. In un gelido giorno d'inverno, su una banchina della stazione, a Parigi. Il freddo che aveva dentro era stato più pungente degli 8 gradi sotto zero che c'erano per strada. Il suo unico vero amico, Rico, decide che non può più rimanere a Parigi, non dopo la morte di Titì. Pensa così di intraprendere un ultimo viaggio, fino al sud, fino a Marsiglia, per rivedere il mare e rivivere un ricordo bello della sua gioventù. Ormai la vita di Rico è andata completamente alla deriva, lui è del tutto estraneo alla società, è un clochard, un senzatetto. Alcolizzato. Senza speranza.
É da qualche giorno che ho concluso la lettura di questo toccante romanzo e ancora non mi ha del tutto abbandonata quel profondo senso di malinconia, inquietudine e tristezza che sprigiona da queste pagine. Ciò che più colpisce è la totale e profonda mancanza di speranza per Rico e per gli altri personaggi che popolano questa storia: un'umanità del tutto sconfitta, che non chiede più nulla, sa di essere definitivamente approdata dalla parte degli ultimi, dei disperati, dei perdenti, ed è un viaggio dal quale non si torna più indietro. Sono possibili ancora gesti di solidarietà, di amicizia, d'amore fra queste persone ma non è più possibile credere, neanche come lontana chimera, nel miraggio della felicità. La vita li ha violentati, abbrutiti e distrutti. Non è possibile opporre più nessuna reazione, eccetto l'accettazione di questa condizione di esclusi. Le uniche emozioni che possono provare sono ormai il dolore, la sofferenza, la nostalgia.
Un romanzo toccante, duro, che riesce a farci immergere pienamente in questa disperazione e dal quale riemergiamo più umani e consapevoli della crudeltà che ci circonda.