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Tra uomini-liberi ed uomini-gregge
non conoscevo l'impegno civile che animò Steinbeck durante la Seconda Guerra Mondiale e che lo porto' a concepire questo racconto. Steinbeck iniziò a scriverlo prima dell'intervento Americano, come opera di propaganda e con l'intento da un lato di risvegliare le coscienze sopite di una società americana lenta a riconoscere il pericolo dell'imperialismo germanico e talvolta simpatizzante con ideologie fascistoidi quali antidoti al comunismo, dall'altro di lanciare un messaggio di speranza ai paesi oppressi dalla dittatura nazionalsocialista. Lo stesso Roosevelt, grande ammiratore di Steinbeck, fu tra i promotori della iniziativa ed il racconto ebbe immenso successo e fu stampato in decine di lingue.
La premessa e' necessaria per inquadrare il romanzo e comprenderne l'obiettivo. Il potente messaggio morale che se ne ricava è reso con acutezza e sensibilità dallo scrittore il quale decontestualizza la storia e la rende paradigmatica dei rapporti tra oppressore ed oppresso, tra tirannide e democrazia. Il racconto è ambientato in un anonimo paesino del Nord Europa occupato da truppe nemiche di cui non viene mai esplicitata la provenienza. Tutto ciò rende il messaggio universale ed atemporale così che la narrazione ha un senso di ineluttabilità nel descrivere dinamiche che oppongono i giusti (gli uomini liberi) e gli ingiusti (gli uomini gregge).
Questi ultimi sono loro stessi vittime della forza malvagia che li ha voluti schierati dalla parte sbagliata. Il colonnello e gli ufficiali dell'esercito occupante sono descritti nella dimensione umana come schiacciati da una realtà e da un ruolo che devono giocare loro malgrado. Destinati ad essere odiati dalla popolazione locale, lontani dagli affetti e sicurezze del suolo natio, vittime di una routine di immutabile solitudine, la loro condizione e' comunque degna di compassione. L'anziano Colonnello Lanser, ormai disilluso, che rivede, come in un playback, dinamiche già vissute durante le occupazioni della Grande Guerra, il Sottotenente Tonder, col suo ingenuo romanticismo fatto di atti eroici ed amori impossibili, il Maggiore Hunter, geniere della compagnia condannato a riprogettare continuamente una linea ferroviaria che la Resistenza puntualmente distrugge e per la quale pateticamente prevede un inutile ponte a ricordo dei suoi modellini casalinghi, persino l'odioso capitano Toll con il suo arrivismo, la cieca obbedienza, la crudeltà inutile fatta di sterile osservanza dei regolamenti, sono tutti personaggi da tragedia Shakespeariana e non si riesce ad odiarli. Non a caso certa critica letteraria, in parte di matrice giudaica, non lesinerà critiche allo scrittore per la pietas riservata al "mostro" tedesco.
Sul versante opposto sta il popolo oppresso. Qui, mi pare, l'individualità dei singoli personaggi sia meno rilevante. E' il popolo tutto che pare guidato da una sete di giustizia che monta progressivamente fino agli atti di eroismo finali ed il collaborazionista Correll è in fondo quasi una eccezione necessaria.
Splendida la descrizione dello stordimento iniziale seguito all'invasione, in cui la popolazione appare disorientata, incredula ed incapace di opporre qualsiasi resistenza, quasi che la violenza subita e la sistematica distruzione dei diritti e delle libertà necessitino di una metabolizzazione perché si possa concretizzare una reazione. Il sindaco Orden che col suo sacrificio incarnerà la volontà di resistenza estrema agisce quale rappresentante di questo popolo che ha un'unica voce ed un unico spirito.
L'azione si svolge nelle ovattate atmosfere di un paese della costa, con la neve che attutisce i rumori delle ronde armate, con gli occhi ostili a scrutare dalle finestre delle abitazioni riscaldate dalle stufe, col via vai dei vagoni di carbone dalla miniera al porto che dirada sempre più man mano che l'ostruzionismo dei minatori locali si fa più ostinato. Nella casa del sindaco, adibita a quartier generale delle operazioni, gli ufficiali tedeschi, il sindaco, la moglie, il dottore e la servitù recitano un testo da piece teatrale che ha già scritto il suo tragico epilogo.
Il finale coi rimandi all'apologia di Socrate, quasi un Cristo pagano, emblema stesso del sacrificio dell'uomo giusto, potrà forse apparire un po' troppo retorico. Occorre però considerare il momento storico in cui il romanzo fu scritto e la sua motivazione. A me pare che Steinbeck abbia abilmente mantenuto un equilibrio ed una oggettività che spesso mancano ai romanzi coevi. A queste ha saputo unire le sue grandi doti di conoscitore dell'animo umano.