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Poesia terrestre
Nella terra d’ Islanda il mare è freddo e tetro, un mostro gigantesco che non riposa mai, ma anche azzurro e di grande bellezza, il suolo non del tutto innevato, una lastra di ghiaccio, la luce in grado di entrarti dentro e trasformarti in un poeta, i monti alti e scoscesi richiamano la pioggia e cancellano interi villaggi ma possono essere accoglienti, una mano protettiva che abbraccia le barche avanzanti nel fiordo.
In questo paesaggio crudo ed essenziale, in un giorno ed in un tempo indefiniti, forse la seconda metà dell’ 800, due amici, un ragazzo senza nome ed un uomo con un libro sottobraccio ( il “ Paradiso perduto “ di Milton ) salgono a bordo di un peschereccio, uniti dalla propria amicizia e dall’ amore per libri e parole.
Il ragazzo segue lo sguardo dell’ amico, vuole realizzare qualcosa in questa vita, imparare le lingue, vedere il mondo, leggere mille libri, arrivare all’ essenza delle cose, qualunque essa sia.
Ma solo le preghiere ed il buon senso sono in grado di proteggere uomini che si spingono al largo e, nonostante il potere delle parole possa cambiare il mondo, consolarci ed asciugare le nostre anime, esse da sole non bastano.
La forza della tempesta e del mare in burrasca si riprende quello che ci ha donato ed una banale dimenticanza, inseguendo parole necessarie per vivere, strappa una vita gettandoci nella disperazione più nera.
Ed allora la lettura di una poesia può portare all’ assideramento, un semplice indumento mancante, una cerata, diviene il confine tra la vita e la morte, mentre si pronuncia un semplice verso: “ nulla mi delizia più di te “.
Ecco la disperante necessità di un nuovo viaggio, a ritroso, attraversando la valle e la notte nera, un libro da restituire, il ricordo vivido dell’ amico caduto, l’ unico amico, desiderando stare lontano da una campagna che custodisce la maggior parte della propria infanzia, sogni inevasi e rimpianti di una vita consumata lontano da un mare fulcro dell’ esistenza, dimora dei ritmi mortali.
Che cosa rende i giorni degni di essere vissuti, gioia, felicità, amore appassionato, una triade che ci rende uomini giustificando l’esistenza e rendendola più vera.
Consegnato il libro il ragazzo deve decidere se vivere o morire, morire sarebbe molto più facile, vivere decisamente più complicato. Ciò che aveva condotto alla morte può rinascere nella memoria e spingere ad un desiderio di vita, inspiegabile, toccante, consolatorio.
Le parole accompagnano e rappresentano il ragazzo senza nome, sono tutto e niente, una esistenza, il suo ricordo, ma sono l’unica cosa che possiede, in una terra che è una lotta continua per tenere il freddo a distanza.
L’ esistenza è talmente complessa, un tempo le cose erano molto più semplici, oggi a volte gli sembra di trovarsi all’ interno di un romanzo, mentre in una locanda, salvato da due donne vivaci e lungimiranti, che lo ascoltano e che sovente non comprende, narra la propria storia ad un capitano cieco che ha perso tutto se non l’ amore per il mare e la poesia e che possiede una libreria di 400 libri che qualcuno gli leggerà, in attesa di rispondere a domande che riguardano il vero senso della vita, domandandosi che cosa essa sia, una risposta implicita nella domanda, nello stupore che essa cela in se’.
Un romanzo di un autore contemporaneo, nato come poeta, figlio della propria terra, a metà tra la tragedia ed il romanzo di formazione, con una voce esterna narrante, bellissimo per poetica, forza espressiva, crudeltà e profondità dei sentimenti, in una fusione di elementi, il mare e la poesia, mai così contrapposti e complementari, e mai così vivi, tratti epici e mitologici, vibranti e fragili, senza risposte evidenti, espressione di una caducità che respira la misteriosa essenza del vivere.
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