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Pastorale americana
 
Pastorale americana 2020-03-15 06:27:35 siti
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
2.0
siti Opinione inserita da siti    15 Marzo, 2020
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Che paese, l'America

Un atto di coraggio, ecco, così potrei definire questo romanzo. Un atto coraggioso per una serie di ragioni, bastanti - le prime due che elencherò - ad argomentare l’asserzione: l’opera è una denuncia del falso mito americano, in primo luogo, ed è, in seconda battuta , una critica fatta da una parte debole del melting pot che compone il popolo America. La parte ebrea, una tra le tante molecole di un composto chimico non ancora ben amalgamato nonostante si sia, ai tempi di Roth - coincidenti con quelli della narrazione – alla seconda generazione, quelle di figli dei migranti che si sentono pienamente americani. È americano lo Svedese? È americano lo stesso Roth? Perché lo chiedo, perché ve lo chiedo? Partiamo dall’assoluto protagonista della narrazione, Seymour Levov, nomen omen verrebbe da dire, di facile tracciabilità: ebreo al cento per cento; e no, che fa il nostro Roth? gli appioppa una alterità, una diversità tale che già a livello visivo fa di lui un originale, un diverso, un unicum , ha i tratti somatici di uno svedese e tale è , per tutta l’opera, un caso eccezionale: un uomo retto, eccellente, infallibile, equilibrato, un puro, un giusto verrebbe da pensare. Lo Svedese. E no! Calma: si va in direzione opposta; è semplicemente il riflesso negli occhi altrui di un modello vincente e rampante che incarna appieno il mito americano, dell’uomo di successo, della società di successo, quella competitiva e infallibile anche quando sguazza nel fango nero della guerra inutile o , per tornare alla dimensione del singolo, quando vive un vero e proprio dramma familiare che, all’insegna della violenza, della mina vagante, della casualità, dell’idealismo, dell’ingenuità, della pazzia se vogliamo, frantuma un’identità, fragile e contraddittoria come quelle di tanti, di tutti. Arriviamo ora al narratore, un vero e proprio alter ego dell’autore, Nathan Zuckerman, nomen omen nuovamente, di chiara matrice ebraica, uno scrittore con alle spalle anche lui un mondo di migranti americanizzati. Ennesima identità celata, ennesimo tratto originale perché la sua narrazione sarà solo frutto di una mera supposizione, una possibile ricostruzione dei fatti che potrebbe avere vissuto lo Svedese a partire da un’unica certezza: era un giovane brillante, lo incontra a distanza di anni, gli vorrebbe consegnare brevi manu la sua vita; la consegna è solo rimandata e non avverrà perché il narratore apprenderà poco dopo del decesso dello Svedese dal fratello.
Originale cornice a incastonare una narrazione secca, asciutta, a tratti ripetitiva, martellante direi, quando tocca gli aspetti più ideologici, l’ etica. Una visione laica e dissacrante di un falso mito creato da cantori precedenti che lo hanno voluto generare con intento puramente autoreferenziale. Una voce scomoda e stridente che non necessita di autocompiacimento e che quindi non cerca plauso alcuno, neanche in termini di piacevolezza. Sì, non mi è piaciuto, fatico a dirlo, perché è davvero un grande romanzo, è innegabile. Sono forse nostalgica della prima generazione di migranti e delle loro difficoltà? Qui l’omologazione necessaria e il desiderio di conformismo dei loro figli annienta ogni beltà e fornisce un quadro ancor più triste e desolante di quanto non fosse quello, per esempio, del triste commesso malamudiano. Viva l ‘America? Anche no.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Malmud
Frank McCourt
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Commenti

9 risultati - visualizzati 1 - 9
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Laura, vedo qui distintamente il grado di 'piacevolezza' provocato da questa lettura. Comprendo, anche se a me è piaciuto parecchio tanto da rileggerlo.
Il mio Roth di riferimento continua ad essere il mitteleuropeo Joseph .
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siti
15 Marzo, 2020
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Decisamente più nelle mie corde, Joseph Roth.
Laura complimenti, anche se non ti è piaciuto il romanzo, hai scritto un ottimo commento. Io ancora non mi sono cimentata con Roth, prima o poi arriverà anche il suo momento...
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siti
15 Marzo, 2020
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Fammi sapere se ti piacerà e grazie per il riscontro.
E' da molto che attende sul mio comodino di essere letto ma ancora niente. Mi da l'impressione di libro noioso. C'è da dire che con l'autore non ho molto feeling seppur ho apprezzato La macchia umana. Molto bello e accurato il tuo commento.
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siti
16 Marzo, 2020
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Grazie Ioana, a tratti lo è noioso e ripetitivo, eppure gode del mistero di essere comunque un grande libro; non ha retto il confronto con Malaparte, per quanto mi riguarda.
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Molly Bloom
16 Marzo, 2020
Ultimo aggiornamento:
16 Marzo, 2020
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Ma figurati, siamo su due piani diversi. Del resto Roth è americano e secondo Malaparte, brava gente per carità, ma piuttosto limitata e non va di molto oltre il loro naso...vuoi metterla con la nobiltà e versatilità dello spirito europeo?! Ma anche no....ahahahah
Ciao Laura. Non ho letto questo libro, ma ho visto il film qualche settimana fa, diretto ed interpretato da Ewan Mc Gregor: erano anni che non vedevo qualcosa di così triste. Ne sono uscito abbastanza malconcio, ma consapevole di quanto sia bella questa storia, seppure così dolorosa.
Ho l'impressione che il tuo "rifiuto" del libro e la mia "accettazione" del film, si somiglino.
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siti
17 Marzo, 2020
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Non so Rollo, a me ha lasciato perplessa il fatto, lo devo ammettere, che alla fine questa storia è tutta una supposizione, un "immagino sia andata così...". Il dolore, così rappresentato, mi è sembrato non vero e non mi ha emozionato.
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