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Piccole e grandi tragedie umane
Capitolo finale della “trilogia della pianura” di K. Haruf. Si ritorna a Holt dunque, in questa immaginaria cittadina nel bel mezzo del Colorado già conosciuta leggendo “Canto della pianura” e “Crepuscolo”, Questa volta però i personaggi sono tutti differenti: non ci sono più i solitari fratelli Mc Pheron e loro azienda agricola, né la loro pupilla Virginia Roubideaux o il professore Tom Guthrie. In Benedizione Haruf introduce nuovi protagonisti ma il marchio di fabbrica è sempre lo stesso: raccontare le piccole-grandi tragedie della quotidianità che gli esseri umani si portano dentro, sempre con grande educazione e pacatezza, senza urlare o andare fuori dalle righe. Che si tratti delle ultime settimane di vita di Dad Lewis destinato a morire di cancro, descritte così dettagliatamente da farle sentire tremendamente reali e vive, piuttosto che del reverendo Lyle e dei suoi sermoni scomodi che scuotono l’intera comunità di Holt e minano alle fondamenta la solidità della sua famiglia, poco importa. In entrambi i casi il lettore entra, prima in punta di piedi e poi sempre più prepotentemente, nelle vite di questi individui, imparando a conoscere i loro sensi di colpa e tutti i rimpianti che si trascinano da anni.
Haruf ha l’indubbio pregio di rappresentare un’umanità molto credibile perché descrive uomini con zone di chiaro-scuro, in cui comportamenti discutibili si alternano e lasciano spazio ad atti di grande generosità, quasi si trattasse di una catarsi, della necessità di espiare le proprie colpe. L’autore non è tenero con nessuno di loro, non giudica e non interviene ma non li risparmia, così come non risparmia nemmeno la comunità cittadina di Holt, mostrando il velo di un’America agricola dura e ipocrita, che non “porge di certo l’altra guancia” come vorrebbe il reverendo Lyle, dimostrandosi anzi ostile nei suoi confronti ed emarginandolo (“Le persone non vogliono essere disturbate. Vogliono rassicurazioni. Non vengono in chiesa la domenica mattina per pensare a idee nuove né tantomeno a quelle vecchie ed importanti. Vogliono sentirsi ripetere quello che gli è sempre stato detto…poi vogliono tornare a casa a mangiare l’arrosto di manzo”).
Chi ha letto anche i due precedenti libri noterà un’evoluzione nello stile di Haruf, in Benedizione. Pur non perdendo alcuni tratti fondamentali come ad es. l’incorporare il discorso diretto con le parti descrittive senza usare il virgolettato, si percepisce una forma meno scarna ed essenziale che lascia spazio a descrizioni di maggiore respiro. Le riflessioni invece, scolpite sulla pagina attraverso le parole dei personaggi, rimangono intense ed importanti: “Mi sono chiesta spesso cosa sia meglio, se trascorrere degli anni con qualcuno che ami e poi dover continuare a pensarci, a fare paragoni,a sentire la sua mancanza…..Oppure che non ci sia mai stata un’altra persona, per non ritrovarsi sempre a ricordare il passato”. Per chi vorrà conoscere la risposta, basta leggere il libro.
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Non ho letto questo libro. Apprezzo molto però l'autore. Recentemente ho letto "Vincoli" che mi è molto piaciuto. M'è parso migliore rispetto a "Canto della pianura" , benché quest'ultimo abbia una scrittura più sofisticata.
Però che brutto posto è Holt , specialmente in "Canto della pianura" . Mi ha fatto capire che cosa s'intende quando si parla di 'America profonda' , benché ovviamente ci siano tante Americhe.
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