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Un libro in movimento
“Un libro in movimento”, così si potrebbe sintetizzare quest’opera di Peter Handke, premio Nobel per la letteratura 2019, in quanto a lettura ultimata non solo il narratore e la ladra di frutta avranno compiuto il loro viaggio, ma anche il lettore assieme a loro. Perché l’esigenza del viaggio nasce dalla necessità di conoscere e scoprire il mondo ma anche e soprattutto noi stessi, così ad un certo punto scatta qualcosa e si avverte questo bisogno di partire. Per il narratore questa “illuminazione” avviene a seguito della puntura di un’ape in una calda giornata estiva di agosto (“La puntura mi dava il segnale….di partenza. E’ tempo che tu ti metta in cammino. Strappati via dal giardino e da questa contrada”). Destinazione La Piccardia, regione a nord della Francia, non lontana da Parigi, ricca di boschi, di campi coltivati, di piccoli villaggi, attraversata dall’altopiano del Vexin, il luogo ideale per cercare conforto e pace interiore. Questa scelta non è casuale perché l’io narrante desidera ripercorrere il medesimo itinerario di questa ragazza fantomatica, “la ladra di frutta”, una figura sospesa tra realtà e finzione che ben presto diventerà la protagonista di questa peregrinazione. Già l’epiteto, ladra di frutta, dice molto: perennemente in movimento, con un passato girovago in Russia, poi nella regione siberiana, caratterizzata da un istinto vitale al furto di frutta, in cui l’azione del rubare risulta sintomatica di una propensione alla scoperta, alla ricerca in quanto per lei “…era un fatto naturale, giusto, buono e bello, qualcosa di necessario e ristoratore”.
Le pagine più belle del romanzo sono quelle in cui la protagonista viaggia, osserva, riflette, incontrando un’umanità varia: un ragazzo che consegna pizze a domicilio, un oste, un gestore di una vecchia locanda, una vecchia amica, un anziano che raccoglie nocciole. Tutti personaggi che compaiono, e poi trascorsi i loro cinque minuti di celebrità escono di scena, come se si trattasse di uno spettacolo con un solo interprete e tante spalle. Ma oltre all’attrice principale la vera co-protagonista è la natura, la flora e la fauna, presenze immanenti e descritte con la grazia di un pittore paesaggistico: “L’ammutolire serale dei trilli delle allodole. L’estinguersi su nell’aria dei fischi del nibbio….Il vento delle giornate estive che si muta nel vento del crepuscolo e poi nel vento della sera…Nella sabbia sulla strada…solitarie chiazze di goccia di pioggia, come cicatrici del vaiolo, grosse, disseccate…”. Questo viaggio, come in fin dei conti ogni viaggio, ha comunque una meta, un fine che in questo caso per Alessia (il suo vero nome?), per la ladra di frutta è l’incontro con la madre sparita improvvisamente, data per dispersa ma segnalata proprio in Piccardia, nell’altopiano del Vexin ora attraversato.
Un libro tutt’altro che facile ed immediato, splendido nello stile ma ermetico nel contenuto, surreale ed onirico che lascia il lettore attonito e pieno di interrogativi, ma che vale sicuramente una sfida con l’autore e con sé stessi, perché lascia intuire un significato profondo sebbene non a portata di mano. Tanti sono i dubbi e le domande senza risposta a lettura ultimata ed anche i giudizi inevitabilmente ne risentono.
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