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memorie di una spia
“La Russia dimenticherà i miei nemici, ma non si dimenticherà di me …”
Rigido e pomposo, avanza eretto mentre la folla dei questuanti si ritrae intimorita. Chi ha avuto il privilegio di essere ammesso a udienza parla con voce tremante di fronte a Valerian Aleksandrovic Kurilov, ministro dell’istruzione a servizio dello zar. Assettato di potere e senza scrupoli, sotto le medaglie e le onorificenze il pingue corpo è gravemente malato.
Tra le mura domestiche della grande residenza estiva, il cuore di pietra si frantuma contro la voce della moglie che canta accarezzandogli la guancia flaccida mossa dagli spasmi, mentre il cancro gli sbrana il fegato dolorante.
Lev M. morì nella sua casa di Nizza nel 1932, in una cartella di cuoio dei fogli dattiloscritti riportavano il titolo: L’affare Kurilov.
“Dovresti saperlo, non uccidiamo l’uomo, ma il regime.”
Il Comitato Rivoluzionario ha deliberato che il ministro verrà assassinato.
Proposto come fosse un memoir, questa è la ricostruzione di quanto avvenne nella missione legata al caso Kurilov, scritta di pugno dal rivoluzionario preposto all’incarico.
Snella la prosa e perfettamente delineati i personaggi, sebbene il testo sia breve lo spazio dedicato al taglio psicologico e all’introspezione è ampissimo. Certo le descrizioni fisiche e ambientali non mancano, eppure se chiudo gli occhi e ritorno non mi si mostrano forme ma atteggiamenti. Vedo l’odio e la mancanza di empatia, vedo il disprezzo e la rabbia, vedo la repulsione verso ogni accenno di pietà, vedo la miseria e, pure, vedo la tenerezza e la rassegnazione.
Cala il crepuscolo, le zanzare si alzano in nugoli fitti e ronzanti sopra le acque cupe del golfo, perseguitano gli uomini come gli uomini stessi si tormentano tra loro, da sempre e per sempre.
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