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L’inaccessibile uomo che sogna
Difficile da inquadrare questo romanzo breve partorito dalla mente di Perec. Lo scrittore decide di narrare la “storia” utilizzando la seconda persona singolare, un martellante ricorrere di “ti guardi/ ti vedi/ ti alzi/ ti prepari” che disorienta e confonde: talvolta sembra che il narratore racconti di se stesso ma guardandosi da fuori e allo stesso tempo che parli di qualcuno che ormai è scomparso, svanito nel nulla, e quel qualcuno a volte mi è sembrato corrispondesse alla mia persona.
Credo che Perec abbia dato vita a qualcosa di duttile e flessibile, che si presta ad una immedesimazione nel protagonista tale da far perdere di vista i confini della realtà.
La mattina dell’esame uno studente universitario di venticinque anni decide di non alzarsi dal letto, di non presentarsi in aula, di non riempire i fogli con le proprie conoscenze, di non chiedere chiarimenti ai compagni; mentre immagina il suo doppio compiere tutte queste azioni, prive di senso e di volontà. Così ha inizio la “non vita” del protagonista, all'insegna dell’indifferenza e dell’atarassia.
"Hai venticinque anni e ventinove denti, tre camicie e otto calzini, qualche libro che non leggi più e qualche disco che non ascolti più. Sei seduto e vuoi soltanto aspettare, aspettare solamente finché non ci sia più niente da aspettare."
Egli guarda la propria vita scorrere, mentre aspetta; si educa alla neutralità, decide di non provare più nulla, di uscire fuori dagli schemi e di non farsi etichettare. Una scelta controcorrente in una società che mira all'azione, all'imprenditorialità e alla progettualità e che su questi fondamentali principi regola e scandisce i ritmi di tutti; di fronte ad un sistema che ha un posto preciso e determinato per ognuno di noi, lo studente dice “no”. Se ne chiama fuori, non vuole prendere parte alla frenesia della vita, alle dinamiche del “fare tutto, farlo bene e farlo subito”.
Così si lascia trasportare dalla corrente senza dare peso a nulla. Legge “Le Monde” ma non legge, mangia al ristorante senza accorgersi di cosa ingerisce, va al cinema e non sa che cosa guarda, dorme o sta sveglio, cammina o sta steso nel letto, esce di casa o non esce di casa. Non sembra importare più nulla, nulla ha più senso di essere vissuto, capito, fatto proprio.
Un testo inquietante per certi versi, pericoloso per altri, un tentativo di estraniarsi dalla vita e lasciare che il “non senso” prenda il sopravvento. Ma l’indifferenza non è l’arma giusta per combattere la sensazione di vuoto e di smarrimento che scaturisce dal quotidiano vivere e lo studente venticinquenne che si era illuso di essere neutro e inaccessibile si scoprirà di nuovo vivo e costretto a fare i conti con la realtà.
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