Dettagli Recensione
SORGO ROSSO SANGUE
Dalla Cina, Premio Nobel 2012.
Potenza narrativa, personaggi indimenticabili, una storia epica familiare di tre generazioni.
“Sorgo rosso” è narrato in terza persona: la voce narrante riferisce la storia d’amore tra suo nonno Yu Zhan’ao, comandante e bandito e sua nonna, la bella Dai Fengliang, uniti contro l’invasione giapponese nel Gaomi (villaggio nella regione dello Shandong). Una famiglia particolare, dai legami alquanto liberi, dove le passioni più ardenti e le gelosie più spietate vivacizzano la vita durante le tregue della guerra Cino-Nipponica. La narrazione parte “dall’ottavo mese lunare” del 1939 e arriva al 1972, fino al comunismo in Cina, ma gli eventi non seguono l’ordine cronologico naturale, la storia procede per continui e lunghi flashback con intreccio di più piani narrativi, in cui si inseriscono anche i genitori della “nonna”, Lian’er”la seconda nonna” divenuta amante di Yu Zhan’ao, Zio Liu.
L’azione si svolge in un solo piccolissimo luogo, il Gaomi:
“Un posto che è il più bello e il più orribile del mondo, il più insolito e il più comune, il più puro e il più corrotto, il più eroico e il più vile, il paese dei più grandi bevitori e dei migliori amanti”.
Ora sullo sfondo ora in primo piano, le immense distese di sorgo, delle sfumature calde più disparate a seconda delle stagioni, il fiume Moshui, le sue acque ora limpide ora rosso del sangue degli uomini e degli animali uccisi.
Grazie alla scrittura di Mo Yan, così vivida e così profonda, mi sono immersa nelle passioni che hanno ispirato questa storia magnifica.
Il sorgo è presente quasi in ogni pagina: campi sterminati di sorgo, fusti di sorgo intessuti per ricavarne tappeti e ceste, piante di sorgo pettinate dal vento che hanno una sonorità particolare, il vino di sorgo e le distillerie, il sorgo con le più svariate sfumature di rosso, tra cui spicca il rosso sangue. Non a caso, il rosso sangue.
Bisogna avvisare i lettori che “Sorgo rosso”, così come le altre opere di Mo Yan, non è una rilassante passeggiata nel bosco, ma è un calarsi in situazioni violente e dure, con continuo spargimento di sangue, scene raccapriccianti (come la descrizione dello scuoiamento di zio Liu vivo, scena in cui l’autore ha indugiato particolarmente, rispetto alle altre).
Mo Yan significa “non parlare”, un nome d’arte di per sé provocatorio, in quanto l’autore attraverso la scrittura denuncia tutta la bruttura e la violenza della guerra, quando ci si uccide tra esseri umani e brutalmente anche tra esseri umani ed animali. Un mondo, una realtà, dove il bisogno di mangiare e sentirsi vivi hanno la loro prepotenza sia nella società degli uomini che in quella degli animali più intelligenti. Non solo maiali, capre, galline,si accetta senza troppi scrupoli e cerimonie la carne del cane, di cui si mangia tutto.
Questi “dettagli” inconcepibili per noi occidentali, contemporanei, li ho visti come importanti da segnalare. Se è vero da un lato che, nonostante la violenza e il sangue, il libro di Mo Yan è un capolavoro indimenticabile, che va letto e conosciuto, è anche vero che il lettore va avvisato. Io, ad esempio, mi ero già imbattuta nelle sue tematiche, ma in “Sorgo rosso” le scene sono più crude. Se credete che esista un dovere di conoscenza dei capolavori della letteratura mondiale, bisogna imbattersi in “Sorgo rosso”, leggerlo vale la pena di sopportare qualche passaggio che ferisce la nostra sensibilità e ci impressiona profondamente.
“Sorgo rosso” è un capolavoro indimenticabile.
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