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Chi vince e chi perde?
Ancora una volta Simenon descrive la psiche umana come pochi scrittori sono in grado di fare, mettendo sul vetrino del suo impietoso e rivelatorio microscopio un rapporto di amicizia tutto al femminile. Un rapporto forte, ambiguo e doloroso, come solo la realtà sa essere.
Marie e Sylvie. Cresciute insieme nel piccolo villaggio di Rochefort. Accomunate dalla povertà e dalla miseria. Unite da un legame di amicizia. Eppure, non potrebbero essere più diverse.
Marie è brutta, strabica e spigolosa. Abituata ad essere schernita o ignorata, ha razionalmente imparato a non aspettarsi granché dalla vita e dagli altri, rassegnandosi a un destino di solitudine e mediocrità.
Sylvie è invece bella, sensuale e spregiudicata. Ha presto capito che la bellezza è la sua unica arma ed è disposta a qualunque cosa per scrollarsi di dosso un futuro di povertà.
E allora, una volta ricca, potrà assumere Marie come cameriera e farsi pettinare da lei i capelli.
Le due ragazze partiranno insieme alla volta di Parigi e qui saranno l’egoismo, la vita, il caso a dividerle, per farle rincontrare dopo più di vent’anni.
Entrambe hanno giocato la loro partita, ricoprendo il ruolo che la sorte ha assegnato loro distribuendo le carte della fortuna. Un'ombra sullo sfondo, che tutto vede, intuisce e accetta. E la protagonista della scena, illuminata dalla mediocrità dell'altra. C’è chi perde e c’è chi vince. Ma è davvero questa l’unica lettura possibile o si può, con gli occhi mal allineati di Marie, mutare la prospettiva?
Sotto la liscia superficie chiamata amicizia, c’è in realtà un magma incandescente di forze in tensione, di interessi che chiedono di essere soddisfatti, di odi che bruciano in silenzio.
Simenon viviseziona il conflitto, addentrandosi nei meandri della mente, fino a mostrarci cellule di verità: oscure, sgradevoli, dolorose. E, come sempre, non offre alcun abbellimento. L’ambientazione è una Parigi spettrale, di strade buie sotto la pioggia, illuminate dalla luce cruda dei lampioni a gas. La scrittura è scabra e diretta. I dettagli attingono quasi al grottesco, come lo strabismo di Marie. Sta tutto qui, nella livida normalità del male, il fascino di questo romanzo, interamente giocato sulle solitudini, le angosce e le attese delle due protagoniste.
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