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Marie la strabica
 
Marie la strabica 2020-01-13 10:46:58 lapis
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
lapis Opinione inserita da lapis    13 Gennaio, 2020
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Chi vince e chi perde?

Ancora una volta Simenon descrive la psiche umana come pochi scrittori sono in grado di fare, mettendo sul vetrino del suo impietoso e rivelatorio microscopio un rapporto di amicizia tutto al femminile. Un rapporto forte, ambiguo e doloroso, come solo la realtà sa essere.

Marie e Sylvie. Cresciute insieme nel piccolo villaggio di Rochefort. Accomunate dalla povertà e dalla miseria. Unite da un legame di amicizia. Eppure, non potrebbero essere più diverse.
Marie è brutta, strabica e spigolosa. Abituata ad essere schernita o ignorata, ha razionalmente imparato a non aspettarsi granché dalla vita e dagli altri, rassegnandosi a un destino di solitudine e mediocrità.
Sylvie è invece bella, sensuale e spregiudicata. Ha presto capito che la bellezza è la sua unica arma ed è disposta a qualunque cosa per scrollarsi di dosso un futuro di povertà.
E allora, una volta ricca, potrà assumere Marie come cameriera e farsi pettinare da lei i capelli.
Le due ragazze partiranno insieme alla volta di Parigi e qui saranno l’egoismo, la vita, il caso a dividerle, per farle rincontrare dopo più di vent’anni.

Entrambe hanno giocato la loro partita, ricoprendo il ruolo che la sorte ha assegnato loro distribuendo le carte della fortuna. Un'ombra sullo sfondo, che tutto vede, intuisce e accetta. E la protagonista della scena, illuminata dalla mediocrità dell'altra. C’è chi perde e c’è chi vince. Ma è davvero questa l’unica lettura possibile o si può, con gli occhi mal allineati di Marie, mutare la prospettiva?

Sotto la liscia superficie chiamata amicizia, c’è in realtà un magma incandescente di forze in tensione, di interessi che chiedono di essere soddisfatti, di odi che bruciano in silenzio.
Simenon viviseziona il conflitto, addentrandosi nei meandri della mente, fino a mostrarci cellule di verità: oscure, sgradevoli, dolorose. E, come sempre, non offre alcun abbellimento. L’ambientazione è una Parigi spettrale, di strade buie sotto la pioggia, illuminate dalla luce cruda dei lampioni a gas. La scrittura è scabra e diretta. I dettagli attingono quasi al grottesco, come lo strabismo di Marie. Sta tutto qui, nella livida normalità del male, il fascino di questo romanzo, interamente giocato sulle solitudini, le angosce e le attese delle due protagoniste.

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Commenti

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siti
13 Gennaio, 2020
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Temi e stilemi tipici di Simenon, ogni tanto me ne concedo uno, lo trovo rigenerante.
Livida normalità del male: decisamente una definizione appropriata per molti romanzi di Simenon.
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lapis
13 Gennaio, 2020
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Concordo Laura, ogni tanto un Simenon finisce sempre in lista! Il problema è che poi uno tira l'altro...
Grazie,
Manu
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lapis
13 Gennaio, 2020
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Grazie Daniele. Sì, questo romanzo mi pare rappresenti al 100% il Simenon dei "romanzi duri".
Ciao,
Manu
Anche io sto leggendo un Simenon, ne tengo sempre uno di scorta in casa. Meno male e' stato così prolifico, lo adoro. Prima o poi arriverò anche su questo titolo.
In risposta ad un precedente commento
lapis
18 Gennaio, 2020
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Ehehe CUB, anch'io ne ho già pronto uno di scorta in libreria! :)
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