Dettagli Recensione
Vedere, osservare, sentire
Un libro decisamente simbolico, lirico ed al momento stesso sensoriale. Ecco le prime impressioni che mi hanno colta al termine di Cecità.
Saramago fa rapidamente precipitare il lettore nel bianco latte che ad un certo punto avvolge la vista di una intera comunità. L'angoscia accompagnata dallo spaesamento di ogni persona che all'improvviso inizia ad urlare "Sono diventato Cieco" sorprende il lettore sin dalle prime righe.
Davanti ad un semaforo, nel letto di un Hotel, nel bel mezzo del lavoro, a casa ed in mille situazioni differenzia un cittadino dopo l'altro, senza differenza di sesso, origine, ricchezza, perde la capacità di vedere. La cecità è bianca, non lascia pace, non lascia sonno rilassante, fa cadere nella luce totale.
La società si organizza per contrastare la cecità contagiosa ed allora si crea una quarantena isolata in un ex manicomio, ciechi che diventano animali, abbandonati a loro stessi, alla mercé della sporcizia e della miseria. Questa situazione dura poco, a causa di un incendio, dopo una serie di tragedie nelle tragedie, tutti escono e la vita cieca prosegue nella città.
I protagonisti sono un gruppo senza nome, nessuno ha più bisogno di identificarsi, c'è il primo cieco con sua moglie, c'è la ragazza dagli occhiali scuri, il ragazzino strabico, l'uomo dalla benda nera, l'oculista (lavoro quanto mai bizzarro ed assolutamente inutile ormai!). Ma in tutto ciò c'è una figura: La moglie dell'oculista che non ha perso la vista. Fortuna o sventura? La donna assiste alla decadenza degli esseri umani, accudisce e protegge chi ha a fianco, cura le ferite e lenisce i pianti, combatte e si ribella e si strema nelle forze. L'unica persona che può vedere il male e l'indifferenza che la circonda sino alla fine.
L'importanza della vista ma soprattutto della volontà di vedere ciò che ci circonda acquisisce ruolo preminente. Ogni aspetto sensoriale prende corpo ed ecco che il numero dei passi assume rilevanza quanto la differenza delle superfici o la percezione dei rumori.
La fame aumenta ed i viveri scarseggiano, allora l'autore ci mette faccia a faccia con la morte dei corpi perché la morte interiore la si stava già vivendo e stava divagando.
Le lacrime quanto le parole cullano il passare dei giorni. Chi è davvero cieco? Chi ha smesso di volev assistere e partecipare al mondo con le proprie possibilità oppure chi, una volta riacquista la vista non saprà, forse, goderne a pieno? L'indifferenza, la noncuranza e la cattiveria non hanno cessato di mietere proseliti e vittime anche in una società di ciechi. Non c'è disgrazia che elimini i Mali radicati nella natura umana. Non c'è male però che elimini le lacrime se non l'amore che interviene anche da parte di un cane, fedele animale, simbolo di sostegno. Nel nostro gruppo di protagonisti, forse grazie alla moglie del medico, c'è sentimento, ci sono azioni positive e caritatevoli che toccano il cuore e lasciano sperare.
La società, i soprusi, l'aiuto e la parte più animale dell'uomo emergono con fare disarmante. I sensi sono attivi fin dall'inizio ma proprio la vista viene descritta a tratti, le persone non hanno volti, non hanno fattezze, quasi che la mancanza della vista appiattisse gli animi che prendono forma nei nostri corpi, unici, irripetibili.
Una condanna all'appiattimento ed allo stesso tempo una condanna all'angoscia che vuole essere annientata.
Il libro risulta, a mio parere, prolisso in certe parti ed alle volte ripetitivo. Tuttavia la scrittura continua, senza punteggiatura è il marchio di Saramago e le riflessioni che si susseguono nel racconto sono di elevato livello stilistico e concettuale, sicuramente da assaporare lentamente e con il giusto grado di concentrazione. Dell'autore avevo letto Le intermittenze della morte, molto piacevole e mi riprometto, più avanti di leggerne altri, la scrittura è così coinvolgente che trascina sino alla fine.
"ecco come sono le parole, nascondono molto, si uniscono pian piano tra loro, sembra non sappiano dove vogliono andare, e all'improvviso, per via di due o tre o di quattro che all'improvviso escono, parole semplici, un pronome personale, un avverbi, un verbo, un aggettivo, ecco lì che ci ritroviamo la commozione che sale irresistibilmente alla superficie della pelle e degli occhi, che incrina la compostezza dei sentimenti.. "
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