Dettagli Recensione
La vita è un caso irrisolto
Dopo quarantun anni in cui sono stati separati, due uomini che da giovani sono stati amici inseparabili si incontrano di nuovo. Entrambi sembrano essere sopravvissuti per poter vivere questo preciso incontro, e una volta che questo si sia compiuto e i quesiti che il tempo ha sollevato si siano risolti, probabilmente potranno morire in “pace”.
Ma cosa ha portato due amici, quasi fratelli, a separarsi di punto in bianco e senza un saluto? Cosa ha a da fare una misteriosa donna con questa separazione?
Questa è una di quelle letture che mi lascia in difficoltà, volendone dare un’opinione obiettiva. “Le braci” è un titolo super acclamato, che a quanto mi pare di capire è piaciuto a tantissimi. E invece io, pur riconoscendone la grandezza stilistica e la bravura dell’autore nella costruzione della tensione narrativa, non l’ho trovata una storia di quelle che ti lasciano una traccia indelebile. Penso che i temi trattati possano scuotere persone che hanno vissuto le emozioni e qualche situazione di quelle trattate in questo romanzo, ma forse questa potenza viene attenuata negli altri lettori. Non lo so; sta di fatto che, pur trattandosi di una bella lettura, non mi ha colpito fino al punto che credevo.
Mettendo da parte le opinioni soggettive, ritorno a parlare del modo di scrivere e della maestria narrativa di Marài, che è davvero su livelli altissimi. A tratti difficile da reggere - anche a causa della seconda parte, che è praticamente un soliloquio di uno dei due protagonisti - ma anche potente e profondo. La peculiarità di questo romanzo, comunque, sta nella tensione che cresce pagina dopo pagina nel corso dell’incontro tra questi due amici, che non si vedono ormai da quarantun anni. Si ha la costante sensazione che il culmine di questa tensione si sia raggiunto, che la “bomba” sia lì lì per scoppiare, e invece la tensione continua a crescere. Leggere questo libro dà una sensazione simile a quella che dovrebbe provare un condannato a morte che attende che il boia cali la sua ascia; il condannato non può vederlo ma sa che è lì dietro di lui, ne avverte la presenza eppure quest'ultimo si attarda, non prende mai una decisione. E alla fine non siamo neanche certi che Marài, il nostro aguzzino, abbia calato o no il suo strumento di morte; ci si sente sospesi tra la vita e la morte, in un limbo letterario che regala una sensazione stramba che ha il sapore dell’irrisolto.
Capite quanto è stato bravo Marài?
Parlando degli eventi raccontati, per quanto mi riguarda non hanno molto di propriamente originale, anzi, mi sono apparsi piuttosto banali; la forza sta, ripeto, nel modo in cui vengono raccontati. Un aspetto piuttosto curioso, che non so se piazzare nello spettro delle coincidenze o meno, è il fatto che il protagonista indiscusso di questa storia sia anche quello più maltrattato dagli eventi e dallo stesso autore. Sì, perché l’autore nomina ripetutamente tutti i personaggi presenti in “Le braci”: Konrad, Kristina, Nini… tutti, a parte il suo protagonista Henrik, che nomina giusto un paio di volte, ma chiamandolo “generale” in tutte le altre occasioni. Come se Marài volesse mettere in risalto la differenza tra quest’ultimo e gli altri: uomo a cui è stata affibiata un’etichetta, una posizione sociale fin dalla nascita; status che pare anche gratificarlo abbastanza. Tuttavia, pare che questo lo ponga a un livello inferiore rispetto agli altri, indegno anche di essere chiamato per nome; incarnazione di una figura incolore che quasi non possa essere considerato un essere umano, in cui non arde il fuoco dell’anima come arde nella figura dell’artista, di quel suo amico che, tuttavia, coi suoi modi di fare mostra alcuni dei lati peggiori dell’essere umano.
Chi è più umano, dunque?
A questa e ad altre domande attende la risposta il lettore, così come i protagonisti (così come gli uomini in genere) attendono la risposta a quella che reputano la domanda essenziale della propria esistenza. Ma una volta che arriva il momento decisivo, il momento delle risposte, nessuna di queste pare essere esaustiva; come se l'esistenza degli uomini sia destinata ad essere per sempre un caso irrisolto.
“Il senso dell’amore e dell’amicizia è tutto qui. La loro amicizia era seria e silenziosa come tutti i sentimenti destinati a durare una vita intera. E come tutti i grandi sentimenti anche questo conteneva una certa dose di pudore e di senso di colpa. Non ci si può appropriare impunemente di una persona, sottraendola a tutti gli altri.”
Commenti
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i tuoi commenti sono sempre interessanti.
Sicuramente ci sono diverse cose degne di nota, in quest'opera, e alcune sono proprio quelle che hai citato. Trovarsi addirittura al livello della Recherche (che non ho ancora letto, ma della cui importanza sono consapevole) non è sicuramente una cosa da poco. Tuttavia, sarà che l'amore extraconiugale mi indispone e influenza la mia lettura (di qui parte anche il mio odio per Anna Karenina, che però ha anche altri motivi); sarà che nonostante la profondità dello scritto non si è creata in me la "connessione emotiva del capolavoro"; sarà per altri mille motivi insondabili, ma purtroppo non si è accesa la scintilla definitiva. Certo, la curiosità e la voglia di approfondire l'autore è aumentata (difatti mi segno il titolo che hai citato), ma non è stato amore a prima vista come ad esempio è stato, recentemente, con John Steinbeck.
Vale.
è difatti questa peculiarità (calma e tensione insieme) a rendere peculiare il romanzo. Fossero state due donne... immagino si sarebbe poi evoluto quantomeno in un giallo, se non in un horror! Una cosa è certa, il morto ci scappava :D
Vale.
come è giusto che sia, un libro o un film o qualsiasi altra storia ci tocca più da vicino se l'abbiamo vissuta. Dunque non fatico a credere che un libro scritto con tale maestria, che è un dato oggettivo, venga considerato un capolavoro da chi lo apprezza anche sotto gli aspetti soggettivi.
Vale.
A me questo libro è piaciuto veramente molto. Anzi m'è parso il capolavoro di Marai, a pari merito col romanzo "La sorella" , libro che, riletto, m'è sembrato anche parecchio profondo.
hai percepito bene... mi è piaciuto ma non mi ha entusiasmato. Non saprei dire precisamente a cosa sia dovuto, ma non è scattata la scintilla definitiva. Tuttavia, mi segnerò il romanzo che hai citato perché, in fondo, lo stile di Marài mi ha piuttosto colpito.
Vale.
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