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Distruggerai il tuo sogno, vecchio mio
“Il grande Gatsby” è forse il romanzo che meglio incarna lo spirito degli Stati Uniti negli anni Venti. Sfruttando l’espediente dell’amore contrastato dal fato, Fitzgerald ci parla di come i sogni non siano necessariamente le piacevoli illusioni che accecavano l’anonimo protagonista de “Le notti bianche” di Fëdor M. Dostoevskij, e possano bensì tramutarsi in ossessioni pronte ad annientare la vita di un uomo se non trovano realizzazione.
La storia di James Gatz -in arte, Jay Gatsby- ci viene narrata da Nick, suo vicino di casa che spesso si trova ad assistere, o perfino a partecipare, alle colossali feste che vengono organizzate nella sfarzosa villa di questo individuo per tutta l’estate. Pare però che nessuno delle decine di ospiti conosca bene Gatsby, e sul conto del facoltoso padrone di casa cominciano a circolare le voci più disparate,
«Le due ragazze si allungarono verso Jordan con aria confidenziale.
-Qualcuno mi ha detto che [Gatsby] ha ammazzato un uomo.»
Attraverso lo stesso Gatsby o altri personaggi, Nick viene ben presto a sapere di come l’uomo abbia avuto con sua cugina Daisy una relazione, resa difficile dalla disparità economica tra i due; la vita sfrenata che ora conduce è un mero tentativo di dimostrare la sua ascesa sociale; infatti, come ci dice Jordan:
«-Forse si aspettava che lei arrivasse a una delle sue feste, prima o poi-, continuò Jordan. -Ma non è mai successo.»
Ovviamente, avendo come unico scopo quello di riavvicinarsi a Daisy, Gatsby non da alcun valore ai rapporti con gli altri personaggi del romanzo, tanto che tutti i suoi ospiti non bastano per cancellare la sua solitudine,
«Dalle finestre e dalle grandi porte pareva ora giungere un vuoto improvviso, che isolava del tutto la figura del padrone di casa, [...].»
e questa condizione mostra il suo peggio nelle scene finali, con Nick che non riesce a mettersi in contatto con nessuno interessato alla sorte di Gatsby.
Fortunatamente questo protagonista soverchiante lascia sufficiente spazio per sviluppare i caratteri degli altri personaggi, anche per merito di un cast nient’affatto numeroso. Il mio preferito è senza dubbio Meyer Wolfshiem che, mentre Nick si affanna per mettere in mostra le sue emozioni, mi ha saputa conquistare con una singola battuta:
«-Impariamo a dimostrare la nostra amicizia a un uomo quando è vivo e non dopo che è morto-, propose [Wolfshiem]. -Dopo di che la mia regola è quella del quieto vivere.»
Per contro ho inevitabilmente detestato Tom, che è stato tratteggiato proprio con l’intento di renderlo antipatico a Nick e, di conseguenza, al lettore. In poche righe lo individuiamo come uno xenofobo (non credo dimenticherò facilmente il libro sulla minaccia alla razza bianca!) dalle maniere violente, dedito all’adulterio a senso unico.
Il romanzo si concentra sull’importanza dello status individuale e familiare nella società statunitense dell’epoca, e sul ruolo centrale del denaro nelle relazioni interpersonali; non a caso il nostro narratore è un mediatore finanziario, e in più punti si fa riferimento alla sua professione. Analogamente, sia Myrtle che diversi personaggi secondari sembrano far gravitare tutte le loro azioni attorno alla possibilità di spendere soldi in modo a dir poco futile,
«-Siamo partite con più di milleduecento dollari, ma ci hanno ripulito nel giro di due giorni nelle sale private.»
rasentando un consumismo che ricorda stranamente quello de “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, ma anche situazioni contemporanee: l’acquisto di oggetti sempre nuovi diventa compulsivo, ed buttare da parte ciò che invece ha ormai stancato è l’abitudine.
Altro tema centrale è quello già citato del sogno, non come ambizione per migliorare il proprio futuro ma come continuo struggimento nei ricordi del passato, con la speranza che questi possano ripetersi; vediamo infatti Gatsby aspirare per anni ed anni all’affetto di Daisy, che arriva inevitabilmente ad idealizzare,
«Quasi cinque anni! Persino quel pomeriggio dovevano esserci stati dei momenti in cui Daisy era ruzzolata ai piedi dei suoi sogni, [...] l’illusione di Gatsby. Era andata oltre Daisy, oltre ogni cosa.»
così il suo sogno non può che naufragare dopo lo scontro con una realtà decisamente meno idilliaca.
Personalmente ho trovato piacevole lo stile di questo romanzo, in primis per la presenza di un narratore molto affine a Buddy Glass, parimenti voce narrante nel racconto “Alzate l’architrave, carpentieri” -non a caso Salinger ammirava l’opera di Fitzgerald. L’altro aspetto stilistico che ho maggiormente apprezzato è la presenza di dettagli poetici nelle descrizioni,
«[...] una torre su un lato, nuovissima sotto la barbetta di edera incolta, una piscina di marmo e più di quaranta acri di prati e giardini.»
L’edizione della Feltrinelli si merita pure i miei elogi; la traduttrice si è occupata anche dell’introduzione che fornisce molti elementi non solo sulle tematiche del romanzo, ma anche sulla sua storia editoriale e sulla rivalutazione della critica nel corso degli anni. Ottime anche le note al testo, anche se le avrei preferite a fondo pagina anziché alla fine del volume.
NB: Libro letto nell'edizione Feltrinelli
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Ti segnalo una biografia che mi ha aiutato molto contestualizzare le opere dell'autore nella sua dimensione esistenziale : "La morte della farfalla", di P. Citati.