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Nel fumo dell'oppio
Quel Christopher Banks, protagonista di “Quando eravamo orfani” di Kazuo Ishiguro, che aveva trascorso parte della sua infanzia nella Shanghai dei primi anni del novecento, sognando di diventare da grande un famoso detective, si ritrova a Londra negli anni trenta, dopo aver ricevuto la migliore educazione nei migliori college inglesi, sottratto ai genitori di cui non aveva più saputo nulla. Qui, ha modo di entrare a far parte della élite della società britannica e di acquisire quella fama a cui aveva sempre aspirato.
La prima parte di questo romanzo si dipana sulla scia stilistica di “Quel che resta del giorno”, descrive personaggi e ambienti che rispecchiano l’impeccabile rigore di un mondo sempre più lontano dalla modesta realtà quotidiana della gente comune. Il tema fin qui si concentra sull’esigenza evidente del protagonista di dare delle risposte ai tanti enigmi rimasti insoluti nella sua vita, di restituire un’identità a se stesso e al suo amico di infanzia Akira. Difficile per coloro che appartengono per nascita ad un paese e ad una cultura rimanerne legati se poi l’educazione e gli anni della formazione si trascorrono in un altro paese dalle tradizioni completamente diverse. Questo è il dramma di Akira, di origine giapponese, ma educato in quella Shanghai che aveva risentito dell’occupazione britannica della fine dell’800. Parte importante nel romanzo assume il tema del commercio dell’oppio, che vede impegnati su fronti opposti proprio i genitori di Christopher e che sarà al centro del mistero che li avvolge.
L’ultima parte dell’opera subisce un brusco cambiamento: alla narrazione scorrevole, chiara nei contenuti e nella forma, si sostituisce un racconto non più lineare, ai limiti tra sogno e realtá, che confonde e lascia increduli. È pur vero che Ishiguro avrebbe successivamente scritto “Non lasciarmi” e “Il gigante sepolto”, romanzi nei quali la sua tendenza verso il fantastico si sarebbe esplicitata in tutta la sua chiarezza, ma qui siamo ancora lontani da quel traguardo.
Nel suo complesso “Quando eravamo orfani” affronta temi interessanti ma stupisce e delude per l’inversione di rotta delle ultime cento o centocinquanta pagine. Siamo lontani dalla limpidezza narrativa e contenutistica di “Quel che resta del giorno”.
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Non ho letto questo libro, ma ho ultimato da poco "Un artista del mondo fluttuante" : meraviglioso!