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Straordinario nella sua ordinarietà
William Stoner è un uomo come tanti altri: senza particolari virtù né rimarchevoli difetti.
Alcuni potrebbero anche immedesimarsi in lui, altri, forse la maggioranza, potrebbero addirittura infastidirsi per la sua imperturbabilità dinanzi a qualsiasi evento avverso, un'imperturbabilità ai limiti dello stoicismo che rischia di essere confusa per debolezza o irresolutezza.
Indubbiamente però, quasi come trascinate da una forza d'inerzia misteriosa, le pagine di questo romanzo, pregne della vita di un uomo qualunque, ci scorrono dinanzi agli occhi come in un film destando un interesse quasi inspiegabile se rapportato all'ordinarietà di quella vita; eppure sono certo che pochi, una volta conosciuto William Stoner, decideranno di abbandonarlo al suo destino piuttosto che seguirne sino alla fine le sue vicissitudini, per quanto poco straordinarie esse siano.
Innegabile, quindi, il merito dell'autore John Wiliams che ha saputo costruire un romanzo intenso, emozionante e coinvolgente ispirandosi all'esistenza di un uomo qualunque: ciò perchè ogni episodio, ogni dialogo, ogni pensiero espresso o represso, persino le movenze e gli sguardi, sono descritti con tale dovizia di dettagli e con oculata scelta di termini da rendere vivida e limpida l'immagine di William Stoner nella mente di chi legge, quasi fosse reale, quasi fosse un amico di vecchia data.
Altrimenti non saprei come giustificare diversamente l'impeto di rabbia che più volte ho provato nei suoi confronti, il desiderio forte di entrare nel suo studio, sedermi al suo fianco e parlargli da buon confidente, cercando di scuoterlo, di rompere quella corazza di impassibilità dietro la quale si nasconde ogni qual volta il destino gli si abbatte contro.
Una corazza che gli è stata forgiata addosso praticamente dalla nascita, provenendo da un'umile famiglia di contadini residente a Booneville, un paesino nel Missouri a circa 40 miglia da Colombia.
I ricordi della sua infanzia ruotano tutti intorno all'immagine del padre con la schiena ricurva sui campi nel tentativo disperato di sottrarre alla scarsa generosità di quei terreni il minimo necessario per la sussistenza della sua famiglia; ed il ricordo della madre con il volto sempre ottenebrato dal timore di non farcela, di soccombere prima o poi sotto un cumulo di debiti da pagare.
"Benchè i suoi genitori, all'epoca, fossero ancora giovani - suo padre aveva 25 anni, sua madre neppure venti -, Stoner, fin da piccolo, aveva sempre pensato che fossero anziani. A trent'anni, suo padre ne dimostrava già cinquanta; piegato dalla fatica, fissava disperato l'arido pezzo di terra che di anno in anno dava da campare alla sua famiglia. Sua madre sopportava la vita con pazienza, come una lunga disgrazia destinata a finire."
E quando Stoner decide di abbandonare la fattoria dei genitori per studiare presso l'università di Colombia, nella valigia oltre a pochi abiti consunti ci saranno proprio quei ricordi e la speranza intravista negli occhi senza lacrime dei suoi genitori che egli possa continuare in modo proficuo gli studi di agraria all'università e magari, un giorno, con l'ausilio delle nuove tecnologie, rendere meno impervia la loro quotidiana lotta per la sopravvivenza.
Ed è con l'ingresso di Stoner all'università che prende corpo il racconto della sua vita: lo vedremo rassegnarsi dinanzi allo studio di materie tecniche che non stimolano il suo interesse e lo vedremo invece cedere alle lusinghe della letteratura che diventerà sin da subito la sua più grande passione.
"L'amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana ed imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta, l'amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio."
Si innamorerà Stoner. O forse non era amore quello che provava per Edith, lo capirà meglio dopo; forse era solo il desiderio di uscire dalla sua sfera di solitudine, di sollevare lo sguardo dai libri ed iniziare a guardare anche il resto del mondo, una donna, degli amici.
Pochi momenti felici, l'emozione del contatto fisico con una donna, il piacere di una serata in compagnia dei due migliori amici e la possibilità di insegnare come docente di materie letterarie una volta completati i suoi studi. Ma il destino è sempre in agguato.
Ci sarà la prima guerra mondiale, che spazzerà via la vita di un suo amico e di tanti che come lui decisero di onorare la patria prestando servizio volontario in quell'assurdo conflitto. Si sposerà, avrà una nuova casa ed una bellissima figlia che diventerà ben presto l'unica benedizione di quel matrimonio trasformatosi sin da subito in una guerriglia subdola e logorante da cui troverà riparo solo nel suo studio, tra i suoi libri, le poesie e le lezioni per i suoi studenti.
E conoscerà anche l'amore, questa volta quello vero, quello che brucia dentro, che ti avvolge e dissolve il mondo intorno: solo lui e Katherine, il professore e la studentessa.
Troppo bello per essere vero, perchè possa durare sotto i colpi di mannaia del collega professor Lomax, deciso a vendicare un affronto subìto minando alle fondamenta quel rapporto già di per sè precario.
Giungerà poi la malattia e la morte, e sono queste forse le pagine più intense di tutto il romanzo: ci troveremo anche noi al capezzale di quest'uomo, stringendogli magari la mano, mossi da sentimenti contrastanti: compassione e rabbia.
Compassione verso un uomo che ha cercato e voluto una propria rivalsa personale, rabbia verso quello stesso uomo che incassa gli affondi del destino parando i colpi, piegandosi su se stesso ma senza mai reagire, con la stessa stoica resistenza dei suoi genitori che continuavano a piegare la schiena su quei campi che prima o poi li avrebbero inghiottito:
"Le loro vite erano state consumate da quel triste lavoro, le loro volontà spezzate, le loro intelligenze spente. Adesso erano lì, in quella terra a cui avevano donato la vita, e lentamente, anno dopo anno, la terra se li sarebbe presi. Lentamente l'umidità e la putrefazione avrebbero infestato le bare di pino che raccoglievano i loro corpi, e lentamente avrebbero lambito la loro carne, consumando le ultime vestigia della loro sostanza. In ultimo sarebbero diventati una parte insignificante di quella terra ingrata a cui si erano consegnati tanto tempo addietro."
Mi auguro di essere riuscito nel tentativo di farvi percepire la grandiosità di questo romanzo che vi permetterà di amare o odiare Stoner, ma certamente non vi lascerà indifferenti, sicuramente vi travolgerà l'onda emotiva che l'autore è in grado di suscitare descrivendo gli episodi della vita di Stoner inquadrandoli da vicino, presentandoci quei dettagli che in una visione più superficiale potrebbero sfuggire ma che, al contrario, diventano significativi nel momento in cui vengono focalizzati, consentendo al lettore un'immediata immedesimazione nel contesto.
Ecco così che, zoomando sulle espressioni del volto o su particolari movenze del corpo, accentuando determinate tonalità nella caratterizzazione dei dialoghi, prolungando una risata sino a renderla beffarda o un silenzio sino a renderlo testimone di una verità fin troppo taciuta, l'autore riesce ad elevare Stoner da 'uno qualunque' ad 'uno di noi', un nostro conoscente, la cui vita non ci sarà più estranea ma ci coinvolgerà a tal punto che ci sentiremo in diritto di giudicarla, nel bene o nel male, approvando o condannando le sue scelte ed i suoi comportamenti: tutti però alla fine potremo dire di aver conosciuto William Stoner.
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Commenti
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Hai ragione nel dire che un po' tutti abbiamo incontrato uno Stoner nella vita, magari un amico o il vicino di casa. E questo ce lo rende un personaggio con cui non è difficile entrare in empatia.
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