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Ma che ti dice la testa?
Questo romanzo breve di Simenon è fatto di carne. Betty è praticamente l'unico personaggio che emerge e che seguiamo già in apertura persa nell'alcool, dentro ad un sordido locale notturno fumoso e pieno di tipi che definire “originali” è riduttivo (militare americano, medico drogato, languide prostitue, vecchi impotenti ecc..). La giovane protagonista ci viene a poco a poco svelata, moglie e madre che non è mai riuscita a recitare il suo ruolo. Tra le nebbie dell'alcool (ma quanto bevono e fumano i personaggi di Simenon!) veniamo a conoscere il motivo per il quale la donna dai vestiti alla moda sia ora smarrita, sporca, reduce dal vagare senza meta precisa dopo essere stata sorpresa dall'augusto marito a letto con uno dei molti amanti. Questo stato di autodistruzione permea tutto il narrato, cogliendo gli aspetti contraddittori di una donna che ha seguito la morale comune soggiacendo ad essa ed ai ruoli imposti, sempre senza serenità o gioia. In uno stato di apatia che sfiora il disadattamento si colloca nel nulla, con l'idea di dimenticare e dimenticarisi. Ella riflette anche quando una sua simile, la vedova Laure Lavancher, la raccoglie” nel sordido bar e la cura in albergo riconoscendo in Betty una copia più giovane di se stessa. La donna quarantenne ha senitmenti infermeristici francamente insoliti, e non si capisce se il suo sia un intervento salvifico per la ragazza o per se stessa. Fatto sta che la ragazza perduta è ora nella stanza 53 ove le venogno recapitati gli effetti eprosnali della sua vita precedente, e dove si rifugia in attesa di non si sa che. Il lettore qui può schierarsi: Betty è una viziata irresponsabile, ubriacona e tabagista? E' una madre e moglie snaturata che senza pensieri si concede a qualsiasi amante, rifiutando implicitamente il ruolo genitoriale? E' incapace di provare sentimenti? Oppure è un'eroina suo malgrado, che rifiuta il ruolo di moglie alto borghese? E' una vittima della società perbenista? E' una ragazza di ventotto anni che rimpiange la figura paterna che ricorda con nostalgia? Personalmente non trovo gradevole l'autocommiserazione ed il fatalismo. Non sopporto inoltre l'inanità verso gli eventi, subiti senza lottare. Noto una dose troppo grande di viltà e inerzia mista ad egoismo. Onestamente tra i lavori di questo autore non annovererei “Betty” tra i suoi migliori. E' interessante la discesa e la disamina degli aspetti intimi del mondo interiore femminile, sempre da considerare in base ai tempi nei quali si svolge e alle condizioni femminili della Francia ove si dipana il romanzo. Non apprezzo le figure maschili sempre rudi e carnali, rappresentate da Mario, padrone del bar, amante della Lavancher. Comprendo la critica all'alta borghesia incarnata nella famiglia del marito di Betty, suocera compresa, che pur di salvare le apparenze sarebbe disposta a “perdonare” i tradimenti coniugali in nome delle apparenza. Infine trovo paradossale il finale (che non svelo) a dimostrazione della considerazione che Simenon ha sempre avuto nei confronti delle donne, sovente indicate come imperfette non tanto nel fisico quanto nella psiche.
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Provvederò ...buona lettura
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