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Umanità disadorna
Due semplici numeri ( quattro e nove ) hanno sostituito i nomi propri per esigenze di anonimato e politica aziendale, un lavoro da ultimare in dieci giorni, duecentotrenta chilometri di una strada a due corsie che unirà il sud rurale al nord urbano in un paese del terzo mondo infestato dalla corruzione, dopo anni uscito da una sanguinosa guerra civile ed oggi retto dall’ ennesimo governo illegittimo in attesa di una parata celebrativa ad opera completata.
Quella strada è un ponte simbolico di pace e prosperità, un lungo rettilineo nero rivolto al futuro, un lento viaggio stanziale attraverso luoghi malconci, spolpati, deserti, tra occhi incuriositi che si defilano e solitudine coatta.
Un lavoro da eseguire senza complicazioni, immersi in un senso di alienazione imperante, scopo primario dei due protagonisti ( o almeno di uno dei due ), inseguendo una precisa tabella di marcia, chilometri fagocitati servendosi di un veicolo all’ avanguardia, tecnologia estremizzata in un luogo non luogo dove imperano fame, baratto e lotte intestine.
Una narrativa essenziale, presente, diretta e reale nella veridicità di un paesaggio disadorno, un caos in cui ancora sopravvivono gioia ed iniziativa frenetica, negozi, alberghi improvvisati, baracche, cumuli di spazzatura in fiamme.
Quattro e nove, figli di un occidente complice ed ignaro di quello che sta accadendo, due numeri al servizio di una organizzazione che tutto decide, opposti complementari, l’ uno esperto, razionale, freddo, perfettamente calato nel ruolo e nel protocollo, quietamente felice solo con la propria asfaltatrice, tutto il resto ritenendolo non necessario, l’ altro inesperto, inafferrabile, ondivago, senza alcuna maturità e serietà, come fosse un bambino in vacanza, ad un certo punto un semplice ladro malato di cui disfarsi.
Contrasti insanabili figli di incompatibilità e distacco obbligato al servizio dell’ azienda assumeranno senso in una progressiva reciprocità, abbandonando la routine, per una contingenza degenerata e la necessità di rimediare alla fallacia umana di un avventuroso imbecille ma soprattutto per soccorrere umanamente chi ha reale bisogno di aiuto e non può morire miseramente.
Il proprio rapporto duale di vicina lontananza, una opposta visione del lavoro e di quella parte di mondo, relegato a semplice fatto della loro vita, ora li assorbirà totalmente prima che tutto possa mutare, le parole ritorcerglisi contro, ogni certezza svanire.
Nella seconda parte del breve romanzo azioni e relazioni si stringono consapevolmente, relazioni schiette, intense, una umanità che svicola il semplice protocollo e l’ alienazione imperante fortificata dall’ idea che ovunque esistono criminali, uomini intriganti e codardi ma anche individui accesi da intenzioni più elevate.
E’ allora che i propri sospetti mal riposti ed il peso di giudizi superficiali e mendaci, sinonimo di ignoranza, lasciano il campo a relazioni, pietà, ad una idea di fratellanza che assolva il desiderio di chi desidera non morire solo ed abbandonato.
È allora che si apre la speranza di altro ed una possibilità salvifica che spezzi là cecità freddamente assolta del semplice e meccanico completamento di un compito prima di allontanarsi e osservare gli accadimenti, prima che tutto ancora una volta imploda e si trasformi orribilmente...