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Gods of America: Civil War
“American Gods” è un romanzo fantasy, almeno stando a come ci viene presentato in quarta di copertina; e sebbene ci siano un gran numero di elementi fantastici, questa storia racchiude molto di più, andando a toccare altri generi come il thriller e il romanzo on the road. In effetti, direi che la definizione più precisa sarebbe di fantasy surreale on the road, perché il protagonista trascorre la maggior parte del volume spostandosi da uno Stato all’altro con i mezzi più disparati, in un viaggio che è tanto fisico quanto onirico.
Prima di addentrarci nelle vicende del romanzo, è necessario partire dalla premessa alla base della storia: ispirato forse dalla sua personale esperienza di migrante, Gaiman immagina che tutti i popoli giunti nel corso dei millenni sul territorio degli attuali Stati Uniti abbiano portato con sé le proprie credenze -in forma di divinità, ma non solo- le quali continuano ad esistere seppur indebolite dalla mancanza di fedeli.
«-Venendo in America la gente ci ha portato con sé. Hanno portato me, Loki e Thor, Anansi e il Dio-Leone, leprecauni, coboldi e banshee, Kubera e Frau Holle e Astaroth, e hanno portato voi. Siamo arrivati fin qui viaggiando nelle loro menti, e abbiamo messo radici. Abbiamo viaggiato con i coloni, attraverso gli oceani, verso nuove terre. [...] Ammettiamolo, esercitiamo una ben scarsa influenza. Li deprediamo, li derubiamo, e sopravviviamo; ci spogliamo, ci prostituiamo e beviamo troppo; lavoriamo alle pompe di benzina e rubiamo e truffiamo e viviamo nelle crepe ai margini della società. Vecchi dèi, in questa nuova terra senza dèi.»
Al contempo, sono comparse sulla scena delle nuove divinità collegate al mondo contemporaneo, come la dea delle telecomunicazioni o il dio della tecnologia, pronte a reclamare la propria fetta di venerazione in ogni forma gli uomini siano disposi ad elargirla.
«-Sono la scatola scema. Sono la TV. Sono l’occhio che tutto vede e il mondo del tubo catodico. Sono la grande sorella. Sono il tempietto intorno a cui si riunisce la famiglia per pregare.
-Sei la televisione? O qualcuno alla televisione?
-La TV è l’altare. Io sono ciò a cui il pubblico offre i suoi sacrifici.
-E cosa sacrificano?-, chiese Shadow.
-Il loro tempo, soprattutto-, disse Lucy. -A volte le persone che hanno vicino.»
In questo scenario che pare preannunciare uno scontro imminente inizia la storia di Shadow, in prigione da tre anni ma ormai prossimo alla scarcerazione, che durante il viaggio di ritorno a casa incontra Wednesday. Questo enigmatico individuo gli chiede di lavorare alle sue dipendenze come tuttofare e lo introduce nel mondo delle moltissime divinità e creature fantastiche che popolano segretamente il Paese. Con l’approssimarsi della guerra tra vecchi e nuovi dèi, la debolezza mortale di questi esseri millenari si fa sempre più evidente
«-Gli dèi muoiono. E quando muoiono davvero nessuno li piange o li ricorda. È più difficile uccidere le idee, ma prima o poi si uccidono anche quelle.[...]»
ed è qui che l’intervento di Shadow si dimostra fondamentale in più occasioni, dal momento che aiuta Wednesday nella missione di convincere gli altri dèi ad unirsi alla loro fazione.
Da questo spunto si avvia una storia molto più complessa, a tratti perfino troppo, tanto che si ha la sensazione di ricevere un po’ troppe informazioni. Questo problema si evidenzia soprattutto nei brevi racconti che l’autore inserisce di tanto in tanto a fine capitolo: sono storie di personaggi esterni alla vicenda che incontrano delle divinità o di migranti d’altri tempi che portano i vari dèi negli USA; personalmente avrei preferito una racconta di racconti a parte, perché queste storie sono tutte molto interessanti e coinvolgenti ma includerle nel romanzo spezza la narrazione.
Un altro aspetto che non tutti i lettori gradiranno è la caratterizzazione del protagonista. Come detto, Shadow incontra svariate creature sovrannaturali, oltre ad avere continuamente sogni surreali e dover scappare a più riprese dal braccio armato dei nuovi dèi: tutto questo però lo lascia del tutto insensibile. Questo peculiare comportamento trova una giustificazione più in là nel romanzo, come molti altri aspetti poco chiari in un primo momento, ma capisco che possa lasciare perplessi.
Oltre a Shadow abbiamo un ricco cast di personaggi, tra i quali spicca sicuramente il truffaldino Wednesday che è risultato il mio preferito a dispetto di tutte le sue discutibili azioni, mentre ho tutt’ora delle riserve su Laura perché il suo arco narrativo mi è sembrato troppo spesso in balia del caso, come se l’autore la facesse entrare in scena a sorpresa quando non sapeva come proseguire altrimenti.
I veri protagonisti del romanzo si rivelano però essere gli Stati Uniti, tra i quali i personaggi si muovono freneticamente. In fondo non ci potrebbe essere Paese migliore per ambientare questo romanzo, con gli abitanti che rappresentano le più diverse etnie. Oltre ad essere celebrati in questa storia on the road, gli USA mostrano qui anche il loro lato più oscuro: un Paese che non solo fatica a mantenere le vecchie tradizioni, ma crea sempre nuovi dèi andando così a annullare anche quelli moderni,
«-Magari [gli Stati americani] condividono alcuni simboli culturali -i soldi, il governo federale, gli svaghi- e ovviamente il paese è lo stesso, ma quel che crea l’illusione che si tratti di un’unica nazione sono i dollari, il Tonight Show e i McDonald’s, nient’altro.»
un Paese nato dalle intenzioni più positive che le vede spesso annullate in favore dell’interesse personale. Interesse che porta inevitabilmente alla mancanza di fede, perché nessuno percepisce più degli obblighi verso la religione e le credenze, e quindi investe altrimenti le proprie energie.
«-Non è ancora tardi per passare dalla parte dei vincitori. Comunque sei libero di restare dove sei. Essere americano significa poter scegliere. Questo è il miracolo americano. Libertà di fede significa essere liberi di credere nella cosa sbagliata, in fondo. Esattamente come la libertà di parola ti dà diritto di tacere.»
Per concludere, eccovi la mia solita lamentela sull’edizione italiana. Capisco che si tratti di un libro abbastanza lungo, ma ho riscontrato davvero parecchi errori di mancata revisione e considerate che ho letto la nuova edizione del 2016, non quella dei primi anni 2000. Un problema del tutto soggettivo è rappresentato invece dalla copertina, che è attinente alla storia ma sembra davvero di pessima qualità grafica... si poteva fare di meglio, Mondadori.